Iva errata con il reverse charge. Possibile il ravvedimento operoso con sanzione ridotta

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La modifica all’articolo 17, secondo comma, del Dpr n. 633/1972, ad opera del Decreto legislativo n. 18 del 2010, ha reso obbligatorio il meccanismo dell’inversione contabile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto non residente nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato. Quest’ultimo assume la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere mediante l’emissione di un’autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta, anche qualora il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale.

L’articolo 5 del Dlgs. n. 18/2010 sancisce che la nuova normativa si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2010, fermo restando che, vengono fatti salvi i comportamenti di coloro i quali, in assenza di malafede, abbiano applicato in maniera non corretta le regole sull’inversione contabile alle operazioni poste in essere dal 1° gennaio 2010 al 19 febbraio 2010, continuando ad assolvere l’imposta con le modalità previste dalla previgente disciplina.

Ciò nonostante, l’Agenzia riconosce che nel caso in cui il soggetto non residente ha effettuato operazioni nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato senza assolvere l’Iva mediante il meccanismo del reverse charge, ma secondo la modalità ordinaria, potrà sanare tale violazione con la norma contenuta nell’articolo 6, comma 9-bis, terzo periodo, del Decreto legislativo n. 471 del 1997, secondo il quale: “Qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell’imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo”.

In altri termini, pur avendo omesso il meccanismo del reverse charge, la condotta tenuta non ha comportato alcun danno all’Erario, dato che il tributo è stato comunque corrisposto. Da ciò, la possibilità per il contribuente di potersi ravvedere sanando la violazione commessa con il pagamento – in misura ridotta – della sola sanzione del 3% dell’imposta irregolarmente assolta, senza bisogno di porre in essere ulteriori adempimenti a rettifica del comportamento tenuto.

Questo è quanto previsto dalla risoluzione n. 140 del 29 dicembre 2010, firmata dall’Agenzia delle Entrate.
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