La diffida accertativa è legittima anche con credito determinabile

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Gli ispettori della DTL, all’esito di una verifica ispettiva, accertano che il datore di lavoro non ha corrisposto tre mensilità al lavoratore Tizio. Terminate le operazioni adottano nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di diffida accertativa con cui intimano a quest’ultimo di pagare le tre mensilità di retribuzione senza tuttavia quantificare il credito. La diffida accertativa è legittima?



L’adozione della diffida accertativa, da parte dal personale ispettivo, sottende l’accertamento di inadempienze retributive imputabili al datore di lavoro o al committente. Presupposto di tale provvedimento pertanto è la sussistenza di un credito di lavoro, la cui verifica anche di natura quantitativa viene demandata all’ispettore del lavoro della DTL. Pare opportuno pertanto comprendere i requisiti che debba possedere il credito affinché lo stessa possa formare oggetto di titolo esecutivo.

Diffida accertativa: la circolare n. 1 del 2013 del Ministero del Lavoro

L’art. 12 comma 1 del D.lgs. n. 124/04 dispone che laddove vengano accertati crediti patrimoniali in favore del lavoratore, il personale ispettivo può diffidare il datore di lavoro ad adempiere all’obbligo di corrispondere tali somme. Con circolare n. 1 del 2013, il Ministero del Lavoro ha specificato che il credito di lavoro può essere diffidabile sempre che il personale ispettivo acquisisca in sede di ispezione fonti, fatti o circostanze che dimostrano l’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo di corrispondere la retribuzione. Tale credito in altre parole deve possedere i requisiti stabiliti dall’art. 474 c.p.c., a mente del quale “l’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile”. Premesso che la diffida accertativa, una volta validata con decreto direttoriale, costituisce titolo esecutivo idoneo a fondare il processo esecutivo, occorre stabilire quando il credito può qualificarsi certo, liquido ed esigibile. Invero solo il concorso di tali requisiti rende il credito suscettibile di esecuzione forzata.

La certezza del credito

La certezza del credito si ha allorché il diritto accertato in favore di un soggetto deve emergere esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti oggettivi e soggettivi, dal relativo provvedimento, di modo che ne risulti determinato e delimitato anche il contenuto di quest’ultimo titolo. Il credito in sostanza deve essere incontroverso nella sua esistenza. Così il credito di lavoro può definirsi certo allorché siano individuate le parti del rapporto di lavoro, il periodo di maturazione del credito stesso e la specifica tipologia di quest’ultimo (es. straordinario, indennità di trasferta o paga stipendiale).

L’esigibilità del credito

L’esigibilità del credito invece postula che quest’ultimo non risulti soggetto a termini e condizioni sospensive. Pertanto il credito di lavoro può definirsi esigibile allorché sia spirato il tempo di adempimento dell’obbligazione retributiva.

La liquidità del credito

Il requisito che più ha generato difficoltà interpretative è quello della liquidità. Il credito si può qualificare liquido quando è determinato nel suo ammontare o facilmente determinabile tramite operazione aritmetica. Si chiede allora se possa ritenersi tale il credito che venga accertato con formula sintetica espressa con il numero delle retribuzioni mensili dovute al lavoratore. Il tema è stato affrontato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alla quantificazione del danno conseguente alla declaratoria di illegittimità del licenziamento. Infatti, nelle cause di lavoro, allorché il giudice accerta il credito in favore del lavoratore condanna solitamente il datore di lavoro al pagamento di somme commisurate alle retribuzioni globali di fatto ovvero a un certo numero di mensilità di retribuzione. Si è posto allora il problema se una tale statuizione fosse rispettosa dei requisiti di cui all’art. 474 c.p.c. e potesse pertanto valere come titolo esecutivo per procedere a esecuzione forzata. Al riguardo la S.C. è ormai consolidata nel ritenere che “la sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilità di retribuzione ovvero di quanto dovuto al lavoratore a seguito del riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento costituisce valido titolo esecutivo per la realizzazione del credito anche quando, nonostante l’omessa indicazione del preciso ammontare complessivo della somma oggetto dell’obbligazione, la somma stessa sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico”.

Pertanto, alla luce di tale orientamento, il credito può definirsi liquido e quindi determinato sia se venga espresso in un preciso ammontare pecuniario sia se risulti fissato in un certo numero di mensilità di retribuzione, atteso che entrambe le opzioni non vanno considerate autonomamente costituendo invero oggetto di un medesimo petitum.

Tuttavia precisa la S.C., affinché tale metodologia possa ritenersi rispettata dei canoni della liquidità e della certezza del credito occorre che i dati su cui si fonda l’operazione di quantificazione “debbono ricavarsi dal contenuto del titolo medesimo e non da elementi esterni, non desumibili da esso”. In altre parole il titolo esecutivo deve fondarsi su dati comprovati e oggettivamente già determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perché così presupposti dalle parti del rapporto di lavoro.

La liquidità del credito oggetto di diffida accertativa

Trasponendo tali concetti nell’ambito della diffida accertativa può dedursi che, una volta che il personale ispettivo abbia accertato che la sussistenza del credito di lavoro sia incontroversa e che non ricorrano ostacoli alla sua riscossione, la conseguente quantificazione può essere espressa alternativamente in termini monetari ovvero in formule di sintesi con l’indicazione del numero delle retribuzioni spettanti al lavoratore. L’importante è che il titolo esecutivo contenga al suo interno tutti gli elementi per procedere al conteggio aritmetico della somma accertata. È necessario pertanto che la diffida contenga la generalizzazione delle parti del rapporto di lavoro, la dimensione dell’impresa, la qualifica del lavoratore, il contratto collettivo di riferimento, il periodo temporale di maturazione del credito, la quantificazione oraria e giornaliera della prestazione, la specifica tipologia del credito di lavoro (es. stipendio, straordinario ecc.), lo scaglione fiscale di appartenenza del lavoratore ed eventuali detrazioni per carichi di famiglia. In sostanza occorre che la diffida contenga tutti gli elementi che generalmente vengono utilizzati dal datore di lavoro per la redazione dei documenti contabili e segnatamente della busta paga. Logico corollario è che se la diffida non contiene la quantificazione monetaria del credito e neppure i dati indispensabili per procedere a tale quantificazione, il provvedimento è insuscettibile di validazione esecutiva ai sensi dell’art. 12 D.lgs. n. 124 cit., attesa la carenza del requisito di liquidità, e quindi il provvedimento non può essere utilizzato per attivare l’esecuzione forzata. Ebbene la carenza di liquidità del credito pare riscontrabile nel provvedimento adottato dagli ispettori nel caso che occupa.

Il caso concreto

Gli ispettori della DTL, all’esito di una verifica ispettiva, hanno accertato che il datore di lavoro non ha corrisposto tre mensilità al lavoratore Tizio. Terminate le operazioni hanno adottato nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di diffida accertativa con cui hanno intimato a quest’ultimo di pagare le tre mensilità di retribuzione senza tuttavia quantificare il credito né specificare i requisiti mediante i quali procedere al calcolo della retribuzione. Considerato che per la determinazione dell’importo si rendono necessari elementi estranei al procedimento ispettivo, ad avviso degli scriventi la diffida accertativa non pare suscettibile di essere validata con decreto direttoriale e quindi di acquisire valenza esecutiva.


NOTE

i Cass. civ., 25/02/1983, n. 1455.

ii Cass. civ. Sez. lavoro, 01/08/2014, n. 17537; Cass. civ. Sez. VI Ordinanza, 05/02/2011, n. 2816; Cass. civ. Sez. lavoro, 23/04/2009, n. 9693; conforme la giurisprudenza di merito: Trib. Foggia Sez. lavoro, 18/03/2013.

iii Cass. civ. Sez. lavoro, 20/06/1990, n. 6177.

iv Cass. civ. Sez. lavoro, 01/08/2014, n. 17537.

v Sono rilevanti a tal fine:

  1. dati identificativi di lavoratore e datore di lavoro; CCNL applicato in azienda;

  2. qualifica ed inquadramento del lavoratore;

  3. data di assunzione;

  4. quantificazione oraria e giornaliera della prestazione;

  5. dichiarazione del lavoratore sul diritto alle detrazioni;

  6. tabelle per il calcolo dell’aliquota Irpef da applicare e delle detrazioni.

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