La diffida accertativa può comprendere anche l’indennità sostitutiva per ferie non godute?

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Tizio, dipendente dell’impresa Alfa, si reca alla DTL competente lamentando la mancata fruizione del periodo di ferie. Tizio afferma di aver goduto, nel corso dell’anno 2010 di due settimane di ferie, ma di avere sempre prestato servizio nei diciotto mesi successivi. A fronte dell’esposto il personale ispettivo effettua un accesso presso l’impresa Alfa, nel corso del quale il datore di lavoro conferma le circostanze rappresentate da Tizio. Nell’occasione il datore di lavoro assicura gli ispettori che a stretto giro Tizio avrebbe fruito di tutte ferie residue. È praticabile la scelta dell’impresa Alfa? Quali possono essere le determinazioni degli ispettori?



Premessa

I recenti chiarimenti espressi dal Ministero del Lavoro in materia di diffida accertativa consentono di saggiare le capacità operative del provvedimento rispetto a diritti contrassegnati da un elevato tasso di indisponibilità. Con circolare n. 1 del 2013 è stato chiarito che la diffida accertativa è finalisticamente collegata “alla prevenzione e alla promozione dell’osservanza della disciplina degli obblighi del rapporto di lavoro, del trattamento economico e normativo minimo e dei limiti essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, tra i quali può senz’altro essere annoverato il diritto alle ferie, perché protetto dall’art. 36 comma 3 Cost. Si tratta allora di verificare se la mancata fruizione, da parte del lavoratore, del periodo di ferie può essere monetizzata e semmai costituire oggetto del provvedimento di diffida accertativa.

Le ferie: principi generali

Il diritto alle ferie risponde alla finalità di assicurare al lavoratore un periodo di riposo nel corso dell’anno, durante il quale infatti costui deve poter fruire del tempo occorrente per reintegrare le proprie energie psico-fisiche. In generale si può osservare che la legge disciplina la durata minima del diritto, la maturazione, le modalità di fruizione dello stesso nonché la retribuzione da corrispondere ai lavoratori nel corso del periodo feriale. In via di estrema sintesi, tale diritto trova espresso riconoscimento nell’art. 36 comma 3 della Costituzione, che sancisce per l’appunto “l’irrinunziabilità del diritto alle ferie annuali retribuite”. La disciplina di dettaglio è contenuta nell’art. 2109 comma 2 c.c., che prescrive che il diritto alla ferie deve essere “possibilmente continuativo” e goduto “nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. Il bilanciamento degli interessi dell’impresa e del lavoratore circa il tempo e le modalità di fruizione delle ferie trova specifico riconoscimento nell’art. 10 del D.lgs. n. 66 del 2003. La norma infatti dispone in primo luogo che il periodo feriale non può essere inferiore a quattro settimane per un anno di servizio. In secondo luogo, e salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, che il diritto alle ferie deve essere “[…] goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione”. Sul piano della scelta del periodo in cui fruire le ferie la Suprema Corte ha osservato cheil lavoratore non può scegliere arbitrariamente il periodo di godimento delle ferie, né imputare a ferie le assenze per malattia, trattandosi di evento che va coordinato con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività dell’impresa e la cui concessione costituisce una prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro”. Resta ben inteso che è facoltà del datore di lavoro accordare al lavoratore un ulteriore periodo di ferie superiore alla soglia minima di quattro settimane.

I tempi di fruizione delle ferie

Schematizzando, possiamo individuare i seguenti periodi feriali:

  1. un primo periodo di almeno due settimane deve essere fruito in modo ininterrotto nel corso dell’anno di maturazione a richiesta del lavoratore;

  2. un secondo periodo di due settimane deve invece essere fruito, anche in modo frazionato, entro diciotto mesi dal termine dell’anno di maturazione, salvi i più ampi termini di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva;

  3. un terzo periodo feriale può sorgere solo nell’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia accordato al lavoratore un termine di riposo superiore alla soglia minima di quattro settimane. In tal caso le ferie debbono essere fruite secondo i criteri temporali sanciti dagli accordi.


Conseguenze per mancato godimento delle ferie

La violazione della disposizione è sanzionata in via amministrativa dall’art. 18 bis comma 3 del D.lgs. n. 213/04, sempre che, secondo il Ministero del Lavoro, la mancata fruizione delle ferie sia riconducibile a responsabilità del datore e non tragga invece origine esclusivamente da una condotta colposa del lavoratore.

Il godimento delle ferie come stabilito dall’art. 36 comma 3 Cost. e dall’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, è irrinunziabile. È nullo pertanto qualsiasi patto contrario, con conseguente sostituzione automatica della clausola nulla con la disposizione attributiva del diritto alle ferie. Tant’è che l’art. 10 comma 3 del D.lgs. n. 66 sancisce l’insostituibilità del diritto alle ferie con l’indennità monetaria, “salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.

Il divieto di monetizzazione delle ferie appare tuttavia collegato solo al periodo annuale minimo di quattro settimane retribuite e non sembra possa essere esteso alle ferie aggiuntive, introdotte anche in sostituzione delle festività soppresse o ai permessi contrattualmente previsti, i quali hanno una funzione diversa dal ristoro delle energie psicofisiche di cui all’articolo 36 della Costituzione.

Ci si chiede semmai se, una volta spirato il termine massimo per la fruizione delle ferie, il datore di lavoro possa “sanare” la violazione ponendo il lavoratore in congedo coattivo onde consentire a quest’ultimo di recuperare le energie fisiche e al tempo stesso eliminare i giorni di ferie accumulati nel corso del tempo, evitando così di corrispondere l’indennità relativa.

  1. L’orientamento che rende fruibili le ferie anche al di là dei termini previsti

Secondo un primo filone giurisprudenziale, formatosi tuttavia antecedentemente all’emanazione del D.lgs. n. 66 del 2003, costituirebbe diritto del lavoratore conseguire prima di tutto il risarcimento in forma specifica consistente nell’effettivo godimento delle ferie anche trascorso il periodo di riferimento. Se tuttavia il datore di lavoro dovesse riuscire a dimostrare che tale forma risarcitoria risulti essere eccessivamente onerosa per la gestione aziendale, allora, in luogo del godimento tardivo, il datore dovrebbe corrispondere al lavoratore il risarcimento per equivalente sotto forma di indennità sostitutiva.

  1. L’orientamento che considera perentori i termini di fruizione delle ferie

Altro orientamento pare invece più categorico, perché dalla lettura delle pronunce sembrerebbe dedursi la natura perentoria e non procrastinabile dei termini previsti per la fruizione delle ferie. Sicché, una volta che tali termini siano spirati, al datore di lavoro non rimarrebbe altro che corrispondere l’indennità sostitutiva, sulla cui natura peraltro la giurisprudenza risulta ondivaga, in quanto, mentre un indirizzo attribuisce all’emolumento natura risarcitoria, altro filone riconosce all’indennità anche un significato retributivo. In ogni caso sul tema in esame la Corte ha stabilito che “il diritto alle ferie è irrinunciabile per i lavoratori dipendenti di qualsiasi categoria, con la conseguenza che, dal mancato godimento delle ferie, deriva, in ogni caso, il diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, una volta divenuto impossibile per il datore di lavoro, anche senza sua colpa, adempiere l’obbligazione di consentire la loro fruizione […]”.

  1. La posizione del Ministero del Lavoro

La questione è stata affrontata indirettamente dal Ministero del Lavoro con risposta a interpello prot. n. 25/I/0004908 del 18 ottobre 2006. Dalla nota ministeriale pare desumersi la perentorietà quantomeno dei termini contrattuali di diciotto mesi, oltre i quali invero non sarebbe più possibile per il datore di lavoro assentire allo slittamento delle ferie non godute dal lavoratore e maturate nel corso dell’anno di competenza. Alla luce di tale lettura e dalle indicazioni contenute nella circolare n. 1 del 2013 ne segue che, ove il personale ispettivo riscontri la violazione del termine contrattuale di diciotto mesi dovrebbe senz’altro sanzionare l’illecito ai sensi dell’art. 18 bis comma 3 del D.lgs. n. 213/04 e adottare diffida accertativa per un importo pari all’indennità sostitutiva calcolata sulla base dei giorni di ferie non fruiti. Tale indennità infatti risulta riferibile all’art. 36 comma 3 Cost. ed espressione delle prestazioni essenziali che debbono essere garantite, con la conseguenza che la stessa può formare oggetto del provvedimento di diffida accertativa. Tali considerazioni anticipano la soluzione del caso che occupa.

Il caso concreto

Nei fatti risulta che Tizio, dipendente dell’impresa Alfa, si è recato alla DTL competente lamentando la mancata fruizione del periodo di ferie. Tizio ha affermato di aver goduto, nel corso dell’anno 2010 di due settimane di ferie, ma di avere sempre prestato servizio nei diciotto mesi successivi. A fronte dell’esposto il personale ispettivo ha effettuato un accesso ispettivo presso l’impresa Alfa, nel corso del quale il datore di lavoro ha confermato le circostanze rappresentate da Tizio. Nell’occasione il datore di lavoro ha tuttavia assicurato agli ispettori che a stretto giro Tizio avrebbe goduto di tutte le ferie residue. Sennonché, in base al prevalente indirizzo della giurisprudenza e alla posizione assunta dal Ministero tale soluzione non appare percorribile. Infatti, laddove si ritenga che i termini previsti per il godimento delle ferie abbiano natura perentoria, il riposo del lavoratore deve necessariamente essere garantito entro i periodi contrattualmente previsti. Un eventuale superamento di tale periodo determina un danno per il lavoratore non recuperabile mediante la fruizione tardiva delle ferie pregresse, ma semmai remunerabile mediante l’indennità sostitutiva. Sicché l’intenzione di Alfa non potrà essere accolta dal personale ispettivo, il quale dovrà adottare diffida accertativa e sanzionare l’illecito commesso dal datore di lavoro.


NOTE

i Pari a 28 giorni di calendario cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 8 del 2005.

ii Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 14-04-2008, n. 9816.

iii La contrattazione collettiva in deroga alla disciplina generale può:

  • ridurre il limite di due settimane per cui è obbligatorio il godimento infra annuale;

  • prolungare il tetto massimo di diciotto mesi per la fruizione delle settimane di ferie per le quali non vi è obbligo di godimento infra annuale.

iv Cfr. nota Ministero del Lavoro n. 4908 del 2006.

v Cfr. sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell’Unione Europea.

vi Trib. Milano, 03/03/2005.

vii Cass. civ. Sez. lavoro, 21/03/2001, n. 2569.

viii Cass. civ. Sez. lavoro, 11-05-2011, n. 10341; Cass. civ. Sez. lavoro, 29/04/2009, n. 9999.

ix Cass. civ. Sez. lavoro, 09/07/2012, n. 11462; Cass. civ. Sez. lavoro, 08/06/2005, n. 11936; Cass. civ. Sez. lavoro, 08/06/2005, n. 11960.

x Cass. civ. Sez. lavoro, 08/06/2005, n. 11936; più recentemente Cass. civ. Sez. lavoro, 11/10/2012, n. 17353; tale principio era affermata già prima della riforma operata dal D.lgs. n. 66 cit. cfr. in tal senso Cass. civ. Sez. lavoro, 24/10/2000, n. 13980.

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