La professionalità tra legittimità e illegittimità nel distacco depenalizzato

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La professionalità tra legittimità e illegittimità nel distacco depenalizzato

La disciplina del distacco

Il distacco è un atto organizzativo mediante il quale il datore di lavoro (distaccante), per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto (distaccatario) per lo svolgimento di una determinata attività lavorativa.
Pertanto il distacco del lavoratore comporta un cambio nell'esercizio del potere direttivo - perché il dipendente viene dislocato presso altro datore di lavoro, con contestuale assoggettamento al comando ed al controllo di quest'ultimo. Ma tale disarticolazione non incide sulla titolarità del rapporto, in quanto il datore di lavoro distaccante continua ad essere titolare della relazione negoziale, con la conseguenza che quest’ultima resta disciplinata ai fini economici dalle regole applicabili al datore distaccante.

Ai sensi dell’art. 30 comma 1 del D.lgs. n. 276 cit., e alla luce dell’interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro con circolare n. 3/04, nonché con circolare n. 28/2005 e con la risposta a interpello 1/2011, affinché il distacco sia lecito occorre che sussistano:

  1. l’interesse del distaccante, che deve essere specifico, rilevante, concreto e persistente. L’interesse può anche attenere al ciclo produttivo del distaccante e avere carattere non economico, tuttavia lo stesso non può mai coincidere con l’interesse lucrativo connesso alla mera somministrazione di lavoro;
  2. la temporaneità del distacco, nel senso che quest’ultimo deve durare in un arco temporale più o meno lungo, essendo all’uopo rilevante che la disarticolazione della prestazione di lavoro non si traduca in un passaggio definitivo del lavoratore al distaccatario.

L’art. 30 comma 3 del D.lgs. n. 276 cit. dispone poi che il distacco, ove comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, “può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive”. Sul datore di lavoro distaccante incombe l'onere di dimostrare la sussitenza di tali ragioni.
In ordine alle conseguenze per il mancato rispetto dei complessivi requisiti testé descritti, l’art. 18 comma 5 bis del D.lgs. n. 276 cit. stabiliva che nel caso “[…] di distacco privo dei requisiti di cui all’articolo 30, comma 1, l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione”. In altre parole, il distacco non genuino, perché carente degli indici di cui all’art. 30 comma 1 del D.lgs. n. 276 cit., configurava una forma illecita di somministrazione di lavoro, ed era penalmente sanzionata (cfr. Cass. pen. Sez. III, 29-10-2009, n. 47006 e per tutte Cass. civ. Sez. Unite, 26/10/2006, n. 22910).

La depenalizzazione del distacco e la circolare n. 6 del 2016 del Ministero del Lavoro

Sennonché, in data 05/02/2016 è entrato in vigore il D.lgs. n. 8/2016, che ha depenalizzato il reato di distacco di cui all’art. 30 del D.lgs. n. 276/03 ed ha assoggettato l’illecito de quo a sanzione amministrativa, salvo però che il fatto sia commesso mediante lo sfruttamento dei minori (avviamento al lavoro di soggetti minori di 15 anni o che non abbiano concluso il periodo di istruzione obbligatoria, o ancora minori compresi tra i 15 e i 18 anni per adibirli ai lavori espressamente vietati) perché in tal caso, come ha puntualizzato recentemente la Corte di Cassazione, l’illecito rimane presidiato da sanzione penale (cfr. Cass. pen. Sez. III, 10/02/2016, n. 10484).
Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 6 del 05/02/2016, ha fornito indicazioni operative per l’applicazione delle nuove disposizioni. Nell’occasione il Dicastero ha disposto che il regime intertemporale di cui agli artt. 8 e 9 del D.lgs. n. 8 cit. trova applicazione qualora le condotte illecite siano iniziate prima del 06/02/2016. Tale regime riguarda anche le ipotesi in cui, nelle more, il personale ispettivo abbia impartito i provvedimenti di prescrizione ex art. 15 del D.lgs. n. 124/04 ed eventualmente i verbali di verifica di ottemperanza alla prescrizione. Tuttavia se il contravventore abbia ottemperato al provvedimento di prescrizione pagando la sanzione in sede amministrativa la questione viene considerata esaurita.
Il regime ordinario concerne invece unicamente gli illeciti commessi successivamente al 06/02/2016, rispetto ai quali la procedura di contestazione è disciplinata dalla L. n. 689/81, la quale commina pene articolate per fasce e sottoposte alla procedura di diffida ex art. 13 del D.lgs. n. 124/04.
Per quanto riguarda la giustificazione dell’operazione, è solito per il distaccante invocare interessi funzionali al miglioramento ovvero alla salvaguardia della professionalità dei lavoratori distaccati.

Il miglioramento della professionalità dei lavoratori

Sul punto vale premettere che con il termine di professionalità lavorativa si intende ordinariamente il bagaglio di conoscenze ed esperienze acquisite dal lavoratore nel corso della propria vita lavorativa. Si tratta di un concetto non statico, ma dinamico, perché valorizza la persona e la capacità di apprendimento del lavoratore nell’esercizio dei compiti strumentali all’organizzazione del lavoro. Sicché, in tale prospettiva, quando nel distacco la professionalità venga invocata per giustificare un cambiamento nelle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e come termine di specificazione delle ragioni tecniche, organizzative, produttive e sostitutive, assunte genericamente dall’art. 31 comma 3 del D.lgs. n. 276 cit., occorre che il datore di lavoro dimostri, in maniera puntuale e rigorosa, che la misura organizzativa addotta non comporti una menomazione della personalità del lavoratore: la forza lavoro, infatti, non è qualificabile alla stessa stregua di un bene di mercato, essendo invero immanente al rapporto di lavoro la persona del lavoratore. Risulta allora essenziale che il distaccante dimostri l’esistenza di un concreto programma aziendale che, mediante l’inserimento dei lavoratori distaccati nel contesto aziendale del distaccatario, permetta di conseguire l’asserita implementazione della professionalità dei predetti dipendenti. Ciò significa anche che nell’ambiente lavorativo dell’utilizzatore debbano rinvenirsi risorse strumentali e personali coerenti con il fine posto a base del programma imprenditoriale deliberato dal distaccante. In una simile prospettive potrebbe anche apparire utile procedere a un raffronto tra le mansioni svolte dai lavoratori prima del distacco e quelle dispiegate in favore del distaccatario. Tale raffronto infatti consentirebbe, quantomeno, di verificare se, al di là del mutamento dell’ambiente lavorativo, sia ravvisabile un cambiamento oggettivo della prestazione lavorativa, suscettibile di determinare un potenziamento professionale e occupazionale dei lavoratori

La salvaguardia della professionalità dei lavoratori

Non meno rigoroso è l’onere probatorio del distaccante qualora quest’ultimo adduca, a fondamento dell’operazione, la necessità di preservare o conservare la professionalità dei propri dipendenti.
Premesso che tale interesse è connaturato all’istituto del distacco e che pertanto l’esigenza, non altrimenti specificata, di evitare la dispersione del patrimonio professionale dei dipendenti distaccati sottende un significato sostanzialmente tautologico rispetto a quello ascrivibile, sul piano semantico, alle clausole di cui all’art. 30 comma 3 del D.lgs. n. 276 cit., insuscettibili, come noto, di richiamo generico (in senso analogo cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 10/11/2015, n. 22931 Cass. civ. Sez. lavoro, 11/02/2015, n. 2680 Cass. civ. Sez. lavoro, 27/03/2014, n. 7244 in materia di specificazione delle ragioni di apposizione del termine ai contratti di lavoro ai sensi dell’art. 1 D.lgs. n. 368/01 applicabile ratione tamporis), va comunque osservato che il bisogno di preservare le professionalità dei lavoratori allude alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Tale interesse tipizza il distacco c.d. difensivo, la cui ammissibilità risulta prevalutata dal Legislatore, il quale, ai sensi dell’art. all’art. 8 comma 3 del D.L. n. 148 cit., richiamato dall’art. 30 comma 4 del D.lgs. n. 276 cit., ha sottoposto la procedura al controllo delle organizzazione sindacali. Sicché, nel distacco c.d. difensivo la partecipazione del sindacato costituisce coelemento di perfezionamento della fattispecie. Ne segue che l'assenza delle organizzazioni sindacali inficia irrimedibilmente la procedura e rende illecito l'eventuale distacco posto in essere dal datore di lavoro. 

Conclusioni

In sostanza, e tirando le fila, al di là delle formula assertorie involgenti i livelli di professionalità dei lavoratori, la dissociazione fra il soggetto che ha proceduto all'assunzione del lavoratore e l'effettivo beneficiario della prestazione (c.d. distacco o comando) è consentita soltanto a condizione che essa realizzi, per tutta la sua durata, uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentirne la qualificazione come atto organizzativo dell'impresa che la dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e la conseguente temporaneità del distacco, coincidente con la durata dell'interesse del datore di lavoro allo svolgimento della prestazione del proprio dipendente a favore di un terzo.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale.

 

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