Licenziamenti. Reintegra limitata ai casi di nullità espressa al vaglio della Consulta

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Licenziamenti. Reintegra limitata ai casi di nullità espressa al vaglio della Consulta

Con ordinanza interlocutoria n. 9530 del 7 aprile 2023, la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, D. Lgs. n. 23/2015, nella parte in cui tale disposizione limita la tutela reintegratoria ai casi di nullità del licenziamento "espressamente previsti dalla legge" .

La Suprema corte, in particolare, ha ravvisato la violazione dell'art. 76 della Costituzione, per contrasto della stessa disposizione richiamata con la delega contenuta all'art .1, comma 7, lett. c), della Legge n. 183/2014, la quale dispone il diritto alla reintegra - oltre che per i licenziamenti discriminatori - per tutti i "licenziamenti nulli", senza operare distinzioni tra nullità codificate e invalidità da ricollegare a categorie civilistiche generali.

Nullità del licenziamento e reintegra: la Cassazione solleva questione di costituzionalità

Il sospetto di illegittimità costituzionale della norma, in particolare, è stato rilevato nel contesto di una causa avente ad oggetto il licenziamento per motivi disciplinari di un lavoratore autoferrotranviario, assunto dopo l’entrata in vigore del Decreto legislativo richiamato (recante, si rammenta, “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”), rispetto al quale era stata dedotta nullità del procedimento disciplinare ai sensi degli artt. 53 e 54 del Regio decreto n. 148/1931.

La Corte di merito, nella specie, aveva ritenuto che la tutela reintegratoria non fosse applicabile, atteso che la natura della nullità (di protezione) rilevata non era ricompresa nei casi di “nullità espressamente previsti dalla legge” di cui alla disposizione richiamata.

Il lavoratore, da parte sua, lamentava l’erroneità della suddetta interpretazione: ammettere l'applicazione della tutela reintegratoria soltanto ai casi di nullità espressa e non a tutti i casi di nullità, anche derivanti, come nel caso di specie, dall'art. 1418 c.c., risultava incostituzionale e comunque illogico ed incoerente.

Il dubbio rilevato è stato giudicato "non manifestamente infondato" dal Collegio di legittimità, per un duplice ordine di ragioni.

  • in primo luogo, sotto l’aspetto dell’interpretazione testuale delle norme, la lettera della legge delegante sembrerebbe comprendere nell’area della reintegrazione tutti i licenziamenti nulli e discriminatori, e delegare l’individuazione di specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato;
  • in secondo luogo, dal punto di vista sistematico, la restrizione ai soli casi di nullità espressa - nel senso di esplicitata come sanzione della violazione del precetto primario - finirebbe "con il forzare il valore della coerenza del sistema, e a non considerare operante, anche ai fini di cui all’art. 2, comma 1, del d. lgs. n. 23 del 2015, il principio generale che ricollega la conseguenza della nullità alla violazione di norme imperative dell’ordinamento civilistico".

Da qui la sollevata questione di legittimità costituzionale, con trasmissione degli atti alla Consulta.

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