Osservazioni sul concetto di infedeli registrazioni nel Libro unico

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Osservazioni sul concetto di infedeli registrazioni nel Libro unico

Con nota n. 11885 del 14 giugno 2016, il Ministero del Lavoro torna sul tema delle infedeli registrazioni eseguite nel Libro Unico del Lavoro (LUL) per chiarire la configurazione dell’illecito e i termini di applicazione della sanzione nel caso di “disconoscimento” della prestazione lavorativa effettuata in regime di trasferta.
L’intervento costituisce l’ultimo di una serie di pronunciamenti resi in materia dal Ministero del Lavoro. Segno forse di una criticità avvertita dagli operatori nel determinare, in maniera empirica, la tipologia dell’illecito, onde tenere conseguentemente condotte conformi al principio di legalità.
Sicché, prima di addentrarci nel contenuto della nota n. 11885 cit., appare utile ripercorrere dall’inizio la prassi amministrativa che si è sviluppata in siffatto argomento e verificare l’eventuale evoluzione della normativa e degli indirizzi ministeriali.
Come noto la disciplina sulla regola tenuta del LUL è stata accompagnata da un regime sanzionatorio che punisce tra l’altro le omesse o le infedeli registrazioni. Per quanto riguarda l’entità della sanzione le due tipologie d’illecito non si differenziano. Il distinguo, invece, si appunta proprio sulla determinazione della condotta contrastante con il precetto di legge. Mentre l’individuazione dell’omessa scritturazione, per la sua configurazione di mancata esecuzione dell’azione prescritta, non ha generato particolari sofferenze esegetiche (evidenziandosi semmai che l’omissione debba riferirsi al dato complessivamente inteso), tutt’altra considerazione può invece esprimersi per ciò che riguarda l’infedeltà della scrittura.

La circolare n. 20 del 2008 del Ministero del Lavoro

In prima battuta, con circolare n. 20 del 2008, il Ministero del Lavoro ha osservato che l’art. 39 comma 7 del D.L. n. 112/08 collega la sanzione alle ipotesi “[…] sostanziale incidenza della condotta illecita sui profili di tutela dei lavoratori”, con la conseguenza che la reazione afflittiva dovrebbe riguardare, non gli errori materiali, ma quelle registrazioni che “direttamente comportino un disvalore ai fini retributivi, previdenziali (contributivi e assicurativi) o fiscali, ovvero un occultamento [dei dati] ai fini legali […]”. Su tale premessa il Ministero si è limitato a rilevare che l’illecito di omessa registrazione si connoterebbe per la mancata scritturazione del dato, mentre quello di infedele registrazione, in quanto violazione di natura commissiva, postulerebbe la scritturazione del dato in maniera non corrispondente al vero. Altro non viene detto.

Il vademecum del 2008 sul Libro Unico del Lavoro

Verosimilmente stimolata dalle incertezza applicative suscitate dalla disposizione, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva è tornata sull’argomento con apposito vademecum. Nella sezione C, punti 4,5 e 6 del documento viene tracciata una più analitica distinzione tra:
• violazione formale;
• omessa registrazione;
• infedele registrazione.
La violazione sarebbe formale quando non determina un occultamento dei dati retributivi previdenziali e fiscali. L’omissione è stata riferita, come testé accennato, non al singolo dato, ma alle informazioni complessivamente considerate in relazione al singolo rapporto di lavoro. Rispetto ai contenuti della circolare n. 20 cit. non si registra nessuna variante al concetto di omessa registrazione. L’infedeltà, invece, è stata correlata al concetto di gravità della falsa registrazione, nel senso che tale illecito, secondo il vademecum, si configurerebbe quando la registrazione sulla consistenza qualitativa della prestazione di lavoro risulti eseguita con modalità ingannevoli. Sin da subito quest’ultimo criterio è parso non persuasivo, se non altro perché la distinzione tra l’omessa e l’infedele registrazione è stata fatta dipendere da un concetto, come quello della gravità della condotta, di natura soggettiva.

La legge n. 183 del 2010 (c.d. collegato lavoro)

Incidentalmente alla definizione dell’infedeltà della scrittura, si pone la questione relativa all’adozione o meno della procedura di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04, rispetto alla quale il vademecum si era espresso nel senso di ritenere tale misura premiale applicabile solo per l’ipotesi di omessa registrazione. Sul portato della diffida è però intervenuto il Legislatore, estendendone l’applicazione a tutti gli illeciti “materialmente sanabili” (cfr. art. 33, comma 2 della L. n. 183/10 - c.d. collegato lavoro), nell’ambito dei quali dovrebbero annoverarsi tanto l’omessa, quanto la non veritiera registrazione.

La circolare n. 23 del 2011 del Ministero del Lavoro

Sennonché, tale conclusione non è stata recepita integralmente dal Ministero del Lavoro, che, con circolare ministeriale n. 23 del 2011, ha ritenuto che la diffida possa essere applicata all’infedele registrazione a condizione che l’autore della violazione abbia commesso l’illecito senza dolo.
Per la definizione dell’infedele registrazione viene pertanto abbandonato il criterio della gravità della violazione, in favore di quello del dolo nell’autore dell’illecito.
Se la gravità evocava un giudizio empirico e soggettivo, con il dolo ora viene richiesta una verifica più puntuale sull’animus dell’autore della condotta, che però mal si attaglia all’applicazione delle sanzioni amministrative. La stessa Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto che nell’ambito degli illeciti di mera trasgressione, come sono per l’appunto quelli di natura amministrativa, appare “[…] impossibile individuare, sul piano funzionale, un’intenzione o una negligenza nell’azione, ossia una condotta esterna onde ricostruire i tratti dell’atteggiamento interiore: l’azione, dolosa o colposa che sia, esaurendosi in una mera trasgressione, si identifica allora con la condotta inosservante (la c.d. suitas), la quale appare neutra proprio sotto l’ulteriore profilo del dolo o della colpa” (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 30-09-2009, n. 20933).
Ciò che la circolare n. 23 del 2011 sembra non smentire è l’idea espressa con circolare n. 20 del 2008, per cui la ratio dell’infedele registrazione dovrebbe essere individuata nell’esigenza di apprestare una tutela funzionale ai lavoratori. A costoro, infatti, verrebbe riconosciuta una garanzia sulla veridicità e completezza della scritturazioni aziendali e in special modo sulla sezione paga del LUL, le cui informazioni sintetizzano le complessive vicende del rapporto di lavoro.
Ma anche tale postulato era destinato, da lì a breve, a essere rivisto.

La risposta a interpello n. 47 del 2011

Con risposta a interpello n. 47 del 2011 si assume che la nota caratteristica dell’illecito sarebbe data, non tanto dall’animus dell’autore, ma dalla corrispondenza tra il dato registrato nel LUL e la concreta condotta tenuta dalle parti in esecuzione della prestazione lavorativa. Sennonché, tale parametro, in linea generale condivisibile, pare risultare snaturato proprio nel momento in cui si afferma che la diversa qualificazione di un rapporto di lavoro, rispetto a quella operata dalle parti, non avrebbe riflessi sanzionatori. Dalla risposta a interpello sembra, in altre parole, di capire che se il personale ispettivo disponga, ad esempio, la riqualificazione del rapporto di apprendistato in rapporto ordinario di lavoro e il datore di lavoro abbia scritturato nel LUL la prestazione in modo conforme al contratti apprendistato, alla contestazione non può seguire l’applicazione delle sanzioni per infedeli registrazione.
Tale prospettazione, a giudizio degli scriventi, sembra tradire il principio di effettività e contraddire la premessa che vorrebbe collegare la reazione punitiva alle ipotesi “di sostanziale e reale incidenza della condotta illecita sui profili di tutela dei lavoratori”. Infatti, un rapporto di lavoro che si è svolto concretamente in maniera difforme rispetto a quello apparentemente concluso dalle parti, postula dei disvalori retributivi o previdenziali che minano la veridicità del documento lavoristico e che ledono l’affidamento ingenerato nel lavoratore.

L’art. 22 comma 5 del D.lgs. n. 151/15

Quando le acque parevano ormai sopirsi, il c.d. Jobs Act ha fatto registrare un sussulto improvviso. L’art. 22, comma 5 del D.lgs. n. 151 cit., nel riformare il regime sanzionatorio in materia di LUL, ha disposto espressamente in materia, prevedendo che l’illecito di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati “[…] diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate l’omessa registrazione”. A una prima lettura, tale formula valorizzerebbe di nuovo un’analisi centrata sulla sostanziale incidenza della condotta illecita rispetto ai profili di tutela dei lavoratori, richiedendo, quindi, una verifica rispondente ad apprestare una tutela alle finalità evidenziate con circolare n. 20 del 2008.

La circolare n. 26 del 2015

Ma era solo un sussulto, appunto! Il Ministero del Lavoro, con circolare n. 26 del 2015, riprendendo la linea di pensiero espressa con risposta a interpello n. 47 del 2011, ribadisce che l’errata qualificazione del rapporto di lavoro non sarebbe sussumibile nella fattispecie che contempla la violazione di infedele registrazione, essendo nel caso carenti quei disvalori che giustificherebbero di per sé l’applicazione della sanzioni amministrative perviste per tale illecito documentale.

La nota n. 11885 del 14 giugno 2016

L’ultima nota n. 11885 cit. non pare discostarsi dalla predetta prospettazione. Vero è però che nella premesse del pronunciamento l’infedele registrazione viene parametrata in ragione della difformità sostanziale tra realtà fattuale e dato scritturato. Tale difformità si riscontrerebbe allorché la registrazioni eseguite nel LUL, sotto la voce trasferta, sottendano in verità l’esecuzione di prestazioni che sotto il profilo causale non corrispondano al dato scritturato. Ebbene proprio l’accento posto sulla causale della prestazione sembra giustamente rappresentare il criterio guida per individuare la natura giuridica dell’atto posto in essere dal datore di lavoro e, conseguentemente, stabilire se la scritturazione apposta nel LUL sia o meno fedele all’operazione concretamente posta in essere. Sennonché il sillogismo non pare portato a compimento. Infatti nelle conclusioni della nota n. 11885 si torna ad affermare che la sanzione per infedele registrazione non debba essere applicata su aspetti inerenti alla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, ma solo in relazione a quei dati registrati che sul piano causale non trovino riscontro nella concreta esecuzione della prestazione. Il dispositivo finale del pronunciamento ministeriale pare legittimare una cesura tra il procedimento qualificatorio del rapporto, di per sé estraneo alla violazione di cui all’art. 22 comma 5 del D.lgs. n. 151 cit., e l’individuazione della causa dell’atto, omettendo tuttavia di considerare che la determinazione di quest’ultima costituisce proprio il risultato di quell’operazione interpretativa che in gergo giuridico viene definita qualificazione.


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