Provvedimento di prescrizione: condizione di procedibilità?

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Provvedimento di prescrizione: condizione di procedibilità?

Con sentenza n. 46151, del 20 novembre 2015, (9 dicembre 2015) la Sezione III della Corte di Cassazione ha affermato che il provvedimento di prescrizione, di cui alla L. n. 758/94 e all’art. 15 del D.lgs. n. 124/04, costituisce condizione di procedibilità dell’azione penale. La mancata adozione o notificazione del provvedimento, nell’ipotesi in cui tale condizione è prevista ex lege, comporta l’improcedibilità dell’azione e l’assoluzione dell’imputato. Il presupposto fattuale, che ha dato origine alla pronuncia, è dato dal mancato perfezionamento della notifica al contravventore del provvedimento di prescrizione comunque adottato dall’organo ispettivo.
Pregiudizialmente appare opportuna una breve disamina della disciplina prevista dalla L. n. 758/94 e segnatamente dagli artt. 20 e seguenti.

Il provvedimento di prescrizione: contenuti e procedura

Il provvedimento di prescrizione è espressione di attività di polizia giudiziaria (art. 55 c.p.p.), che l’ispettore del lavoro è tenuto a svolgere qualora nel corso dell’attività di verifica emergano indizi di un reato inerente alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro, di quella lavoristica strettamente intesa e della previdenza sociale. In tale evenienza, gli atti di indagine devono essere compiuti in osservanza delle garanzie previste dal codice di procedura penale.
Laddove in base all’attività svolta l’ispettore del lavoro riscontri elementi probatori che giustifichino la sussistenza del fatto di reato, per il quale la legge commina la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda o della sola ammenda, il procedimento deve essere definito pregiudizialmente mediante l’adozione del provvedimento di prescrizione obbligatoria. Con tale provvedimento l’ispettore intima al contravventore di eliminare le conseguenze dannose dell’illecito entro il termine fissato nel provvedimento stesso.

L’adozione del provvedimento di prescrizione determina la sospensione del procedimento penale.

Tale sospensione è finalizzata a conseguire il ripristino, mediante conformazione alla prescrizione, della situazione di legalità violata dal contravventore. Quest’ultimo, infatti, ove adempia alla prescrizione, beneficia di misura premiale consistente nel pagamento di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Solo il versamento di tale somma comporta l’estinzione del reato (Cass. pen. Sez. III, 27/03/2003, n. 23921).
La procedura per la regolarizzazione delle infrazioni penali, inizialmente circoscritta ai reati contravvenzionali in materia di sicurezza e igiene sul lavoro è stata successivamente estesa, per espresso richiamo contenuto dall’art. 15 comma 1 del D.lgs. n. 124/04, anche alle fattispecie in materia di lavoro e legislazione sociale.
La procedura di regolarizzazione de qua si applica anche nelle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita e cioè nei casi in cui il trasgressore ha autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione (Cfr. circolare Ministero del Lavoro n. 24 del 2004; conforme anche la giurisprudenza cfr. Cass. pen. Sez. III, 03/05/2011, n. 34750).
L’ispettore è tenuto a comunicare all’Autorità giudiziaria il provvedimento di prescrizione e l’esito del procedimento.

Provvedimento di prescrizione e tutela giurisdizionale

Secondo l’indirizzo tracciato dalla giurisprudenza (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 09/03/2012, n. 3695), avverso il provvedimento di prescrizione non è data al contravventore la facoltà di esperire i rimedi previsti per il controllo giurisdizionale (ricorso al TAR regionale) o giustiziale dell’atto (ricorso amministrativo). Nell’occasione le SS.UU. hanno statuito che l’atto di prescrizione rientra nel novero degli atti tipici di polizia giudiziaria, poiché “[…] promana da un organo che, in quanto esercente le funzioni previste dall’art. 55 cod. proc. pen., è posto alle dipendenze e chiamato ad operare sotto la direzione della autorità giudiziaria, a prescindere (e, dunque, in piena autonomia funzionale) dal plesso ordinamentale in cui risulti iscritto da un punto di vista burocratico ed amministrativo” (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 09/03/2012, n. 3695). In ragione di ciò i giudici della S.C. ritengono che il provvedimento sia sottratto alle impugnazioni previste per i suddetti provvedimenti, tanto in sede amministrativa, quanto in sede giurisdizionale. La conseguenza è che ogni doglianza che si volesse muovere avverso l’atto di prescrizione potrà essere sollevata solamente dinanzi al giudice penale nel procedimento conseguente all’eventuale inottemperanza della prescrizione stessa.

Condizione di punibilità

Invero, la mancata ottemperanza, da parte del contravventore, al provvedimento di prescrizione costituisce condizione di punibilità nel senso che nel dibattimento penale, e quindi durante il processo, occorre accertare se il contravventore stesso “abbia omesso di ottemperare alla prescrizione per negligenza, imprudenza o imperizia o inosservanza di norme regolamentari ovvero se sia stato impossibilitato a ottemperare per caso fortuito o per forza maggiore” (cfr. Cass. pen. Sez. III Sent., 11/01/2008, n. 8372). Ciò in quanto l’applicazione della pena deve essere coperta “dalla colpevolezza dell’agente almeno nella forma minima della colpa” (cfr. Cass. pen. Sez. III, 22/01/2004, n. 14777).

Condizione di procedibilità

Diversa dalla condizione di punibilità è la condizione di procedibilità. La ricorrenza di quest’ultima condizione è essenziale, non per l’applicazione della pena, ma per l’esercizio stesso dell’azione penale. Si tratta allora di verificare se anche in assenza del provvedimento di prescrizione il processo penale possa ugualmente avere il proprio corso oppure debba arrestarsi per carenza di un requisito indefettibile. In quest’ultima ipotesi l’imputato beneficerà di sentenza di proscioglimento.
Va subito detto che non risulta che il Ministero del Lavoro abbia assunto sul tema una posizione ufficiale.

Gli orientamenti della giurisprudenza

In sede pretoria invece si registrano orientamenti discordanti.
Inizialmente, la S.C. si è arrestata nel ritenere che il provvedimento di prescrizione costituisca condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione penale (Cass. pen. Sez. III, 08/02/2009, n. 12482; Cass. pen. Sez. III Sent., 04/10/2007, n. 43825; Cass. pen. Sez. III Sent., 06/06/2007, n. 34900, per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Aversa, 06/02/2004).
Su tale filone giurisprudenziale si colloca anche l’orientamento formatosi sulle modalità di recapito del provvedimento con cui l’organo ispettivo accerta l’avvenuta ottemperanza alla prescrizione impartita e ammette il contravventore al pagamento in sede amministrativa della sanzione. Secondo tale linea di pensiero, la materia di cui alla L. n. 758 cit. e oggi anche dal D.lgs. n. 124 cit. è sorretta dalla condizione di procedibilità e, tuttavia, affinché quest’ultima circostanza possa considerarsi realizzata, non occorre una formale notificazione del verbale di ammissione al pagamento redatto dalla P.A, “essendo sufficiente una modalità idonea a raggiungere il risultato di notiziare il contravventore della ammissione al pagamento e del relativo termine” (Cass. pen. Sez. III Sent., 24/10/2007, n. 43839; Cass. pen. Sez. III, 24/06/2014, n. 5892).
Con sentenza n. 26758 del 05/05/2010, la Sez. III della S.C. si è discostata dall’indirizzo che considera la prescrizione condizione di procedibilità. Nell’occasione infatti è stato affermato il carattere facoltativo e non obbligatorio dell’atto di prescrizione. Nella parte motivazionale della decisione viene stabilito che il contravventore non avrebbe alcun diritto a ricevere il provvedimento, con assegnazione del termine per adempiere, poiché costui sarebbe comunque tenuto in nuce a rispettare le norme di prevenzione in materia di lavoro, di sicurezza e di igiene. Sempre in detta pronuncia la S.C. ha affermato, altresì, che ove il contravventore abbia adottato misure equiparabili a quelle che l’organo di vigilanza avrebbe potuto impartirgli con la prescrizione, può comunque chiedere al giudice di essere ammesso all’oblazione in misura ridotta, senza che la concessione del beneficio possa ritenersi preclusa dal fatto che nessuna prescrizione di regolarizzazione sia stata all’uopo impartita dall’organo di vigilanza. Tale indirizzo è stata seguito anche dalla successiva pronuncia n. 41073 del 07/07/2011, resa sempre dalla Sez. III della S.C..
Sembrava che potesse trattarsi di un revirement giurisprudenziale ma, come si suol dire, “una rondine o anche due non fanno primavera”. Infatti a sopire eventuali fermenti revisionistici sono soccorse le SS.UU. della Suprema Corte che, chiamate a pronunciarsi sull’individuazione del Giudice competente a sindacare il provvedimento di prescrizione, hanno incidentalmente osservato che quest’ultimo rappresenta “[…] presupposto procedimentale che condiziona […] il futuro sviluppo della azione penale” (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 09/03/2012, n. 3695).
A bene vedere pertanto l’ultima pronuncia della S.C. citata nella premessa del presente contributo si attesta sulla principio recepito dalle SS.UU. confermando l’assunto per cui la prescrizione costituisce condizione di procedibilità dell’azione penale.

Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale

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