Superbonus, sì al sequestro di cellulari e pen drive nell'indagine per frode

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Superbonus, sì al sequestro di cellulari e pen drive nell'indagine per frode

Sono state rigettate, dalla Cassazione, le istanze di restituzione di telefoni cellulari e pen drive che erano stati sequestrati nell'ambito di un'indagine per frode su bonus edilizi che vedeva coinvolti diversi soggetti, compreso commercialista, tecnico progettista, asseveratore cilas, project manager.

Diverse le violazioni in concorso contestate agli indagati, tra le quali:

  • la violazione dell'art. 316 ter cod. pen. (indebita percezione di erogazioni pubbliche) in relazione a comunicazioni di cessione del credito in merito a fittizi lavori di ristrutturazione edilizia superbonus, per la somma di 225.234 euro;
  • la violazione dell'art. 481 cod. pen. (falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità) in relazione a false attestazioni e rappresentazioni nella relazione tecnica e negli elaborati tecnici in merito alla situazione di un fabbricato;
  • violazioni edilizie e urbanistiche, in ordine all'abusiva realizzazione di lavori.

Frodi su bonus edilizi, ok al sequestro probatorio

Con le sentenze nn. 34318, 34319 e 34320 del 3 agosto 2023, la Sesta sezione penale della Cassazione ha respinto i ricorsi sollevati dagli interessati e confermato il provvedimento del riesame, con cui, come detto, erano state rigettate le domande di dissequestro in esame.

Secondo gli Ermellini, il Tribunale si era conformato al principio secondo cui, in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell'astratta configurabilità del reato ipotizzato.

Questo, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria.

Nella specie - ha inoltre evidenziato la Corte - il provvedimento di sequestro non era sproporzionato rispetto alle esigenze probatorie relative al reato contestato.

Del resto, come puntualizzato dalla giurisprudenza di legittimità, va ritenuto legittimo il sequestro, ex art. 253 cod. proc. pen., di un sistema informatico, motivato in relazione alla sua rilevanza probatoria per il possibile contenuto di documentazione direttamente inerente alla condotta criminosa per cui si procede.

E nel caso in esame, i cellulari e le pen drive contenevano documentazione relativa alle pratiche di bonus fiscale oggetto di indagine.

Ebbene, la decisione del giudice del riesame, connotata da motivazione certamente non illogica, aveva correttamente ritenuto sussistere il fumus dei delitti, la riconducibilità degli stessi agli indagati nonché la pertinenza degli oggetti sequestrati rispetto all'ipotesi accusatoria.

Da qui la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi degli indagati.

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