Tirocinio irregolare ma comunicato con UNILAV: c'è maxisanzione?

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La ditta individuale Beta comunica preventivamente, mediante modello UNILAV, l’instaurazione di un tirocinio con Tizio, senza tuttavia coinvolgere il soggetto promotore nella realizzazione del programma formativo. Infatti gli ulteriori e preliminari adempimenti previsti dagli artt. 3, 4 e 5 del DM 142/98, consistenti nella redazione della convenzione, del progetto formativo e nella comunicazione di tali atti agli organismi competenti, vengono indebitamente omessi. La ditta individuale tiene tale condotta per non incorrere nel rigoroso regime sanzionatorio previsto per il lavoro nero e sottoporre così il tirocinante a un trattamento sostanzialmente corrispondente a quello tipico del lavoratore in nero. Il personale ispettivo, nel verificare il rapporto di tirocinio, riscontra la carenza degli atti endoprocedimentali richiesti per l’attivazione del tirocinio, ma atteso l’invio della comunicazione UNILAV, procede unicamente alla riqualificazione del rapporto come subordinato senza applicare la maxisanzione prevista per il lavoro nero. Ma la maxisanzione poteva comunque essere applicata?



Premessa

Le dinamiche applicative della normativa sui rapporti di tirocinio di orientamento e formazione, per i quali la L. 92/12 ha dettato solo principi di indirizzo in prospettiva de iure condendo, mettono in luce anche aspetti per un certo verso opposti rispetto a quelli esaminati nel caso pratico de “L'Ispezione del Lavoro”, del 9 novembre 2012, “Illegittimo il provvedimento di sospensione riguardante un irregolare rapporto di tirocinio”. In quest’ultima si è visto come sia alquanto improbabile la possibilità di riscontrare tirocinanti in nero, se non altro perché la P.A., a prescindere dall’invio della comunicazione UNILAV, è normativamente tenuta a svolgere un ruolo “costituivo” in sede di instaurazione del rapporto formativo. Proprio tale partecipazione nella fase di costituzione del rapporto fa sì che quest’ultimo venga attratto in un’orbita pubblicistica, la quale esclude l’ipotesi del lavoro sommerso. Senza ripetere concetti già affrontati, basti rilevare che la P.A., anche se non fosse soggetto promotore o datore di lavoro, appare comunque destinata a venire a conoscenza dell’instaurazione dei rapporti formativi e ciò mediante l’adempimento sia dell’obbligo di assicurazione del tirocinante all’INAIL sia dell’obbligo di invio della corrispondente documentazione alla Regione e alla DTL territorialmente competenti.

La riqualificazione del rapporto per assenza della convenzione del progetto formativo


Se ciò è vero, potrebbe tuttavia verificarsi un fenomeno singolare in cui un soggetto privato, nell’assumere la veste di datore di lavoro ospitante, potrebbe comunicare, mediante modello UNILAV al Servizio per l’Impiego, l’attivazione di un rapporto di tirocinio, senza tuttavia coinvolgere il soggetto promotore nel procedimento di costituzione del rapporto. In tale caso la P.A. verrebbe resa edotta dell’esistenza del rapporto di tirocinio solo per il tramite della comunicazione UNILAV effettuata dal datore di lavoro ospitante, quale unico soggetto della procedura. Infatti, attesa l’estromissione del soggetto promotore, resterebbero non assolte le attività propedeutiche previste dagli artt. 3, 4 e 5 del DM 142/98.

Per sgombrare il campo da ogni equivoco, pare alquanto evidente che tale rapporto non possa in alcun modo essere qualificato come tirocinio, non essendo integrata la relativa fattispecie normativa per mancanza dei requisiti strutturali. Il rapporto, in tale caso, specie ove la prestazione venga svolta in modo subordinato, dovrà essere ricondotto nello schema ordinario di cui all’art. 2094 c.c.

L’indice rilevatore del lavoro nero


Altro aspetto, semmai, è capire se possa o meno essere applicata anche la sanzione per lavoro nero.

La domanda si pone poiché il criterio sul quale si fonda l’accertamento del lavoro in nero, concentrato essenzialmente sull’avvenuto inoltro della comunicazione UNILAV, potrebbe determinare fenomeni elusivi.

Segnatamente, l’art. 4 della L. n. 183/10 prevede l’applicazione della maxisanzione nel caso “[…] di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro […]”. Secondo il Ministero del lavoro tale comunicazione costituisce “[…] l’indice rilevatore dell’impiego di lavoratori in nero nonché il presupposto applicativo della maxisanzione […]”. Ciò significa, sempre secondo il Ministero, che ove tale comunicazione documentale sia stata effettuata, ma l’accertamento ispettivo evidenzi una diversa qualificazione del rapporto, non riconducibile nello schema utilizzato dalle parti, deve trovare applicazione, non già la maxisanzione per lavoro nero, ma l’apparato sanzionatorio previsto per l’errato inquadramento della fattispecie.

Il caso di specie


Sicché, venendo al caso di specie, la ditta individuale Beta, per non incorrere nel rigoroso regime sanzionatorio previsto per il lavoro nero, ha comunicato preventivamente mediante modello UNILAV, l’instaurazione di un tirocinio con Tizio, senza tuttavia porre in essere gli ulteriori e preliminari adempimenti previsti dagli artt. 3, 4 e 5 del DM 142 cit. per la costituzione di tale rapporto formativo. Il personale ispettivo, preso atto della mancanza della convenzione o del progetto formativo, in esecuzione delle istruzioni ministeriali diramate con circolare n. 24 del 2011, ha ovviamente riqualificato il tirocinio come rapporto subordinato, ma, considerato che Beta aveva comunque inviato la comunicazione UNILAV al Servizio per l’Impiego, non ha applicato la maxisanzione prevista per il lavoro nero. La condotta del personale ispettivo è in linea con le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro con circolari n. 24 e n. 38 del 2011.

Ben si comprende, tuttavia, che tale metodologia potrebbe costituire un mero pretesto per celare, dietro le mentite spoglie dell’assolvimento dell’obbligo di comunicazione, un effettivo rapporto di lavoro subordinato e sottoporre così il lavoratore a un trattamento sostanzialmente equipollente a quello riservato ai lavoratori in nero, senza tuttavia soggiacere al rischio del corrispondente regime sanzionatorio.

Il contratto in frode alla legge


Tali condotte sottendono un interesse concreto delle parti divergente rispetto al modello negoziale prescelto e chiaramente indirizzato all’elusione delle norme imperative poste a presidio di un ordinario rapporto di lavoro subordinato. L’art. 1344 c.c. sanziona tali condotte con la nullità del contratto. Il problema più delicato, semmai, si riferisce alle conseguenze della nullità e specialmente all’eventuale possibilità di convertire il contratto e considerare il rapporto di lavoro come subordinato a tempo indeterminato oltre che di estendere la sanzione della nullità anche alla comunicazione UNILAV.

  1. La conversione del contratto in frode

Quanto al primo profilo, un indirizzo interpretativo esclude che il contratto in frode alla legge sia suscettibile di conversione. Quest’ultima, invero, appare finalizzata a consentire alle parti che hanno stipulato in maniera invalida di raggiungere ugualmente gli scopi prefissati. Nel negozio in frode, invece, l’ordinamento non riconosce gli scopi delle parti e pertanto disapprova l’atto negoziale e non ne salverebbe gli effetti.

Altra corrente di pensiero ritiene che la conversione sarebbe pienamente applicabile anche laddove le parti abbiano concluso l’atto per eludere norme imperative di legge. Segnatamente la sanzione della nullità degli atti in frode alla legge ne comporterebbe l’inefficacia, con la conseguente applicazione delle norme che si intendeva aggirare.

Tale soluzione si attaglia in particolar modo nel campo del diritto del lavoro, in cui le norme imperative suscettibili di elusione sono poste a tutela del contraente più debole, cioè il lavoratore, rispetto al quale la mancata conversione arrecherebbe non certo un vantaggio, bensì un pregiudizio. Sicché, proprio per tale motivo, appare corretta ed equa la soluzione per cui nell’ipotesi di dissimulazione del contratto di lavoro subordinato realizzata mediante la conclusione di un contratto di lavoro volutamente non genuino, quest’ultimo si converte nel modello negoziale che la parte datoriale intendeva aggirare.

Quest’ultima impostazione è stata condivisa dalla giurisprudenza, la quale ha statuito che conseguenza della frode è la sanzione della nullità parziale del contratto, con relativa riqualificazione del rapporto di lavoro in rapporto di natura subordinata e a tempo indeterminato.

  1. Nullità e comunicazione UNILAV

In ordine al secondo profilo, che riguarda l’eventuale applicazione della sanzione della nullità anche alla comunicazione UNILAV inviata in occasione della conclusione del contratto in frode alla legge, deve osservarsi che il sistema delle comunicazioni online per i rapporti di lavoro garantisce la pluriefficacia della comunicazione, nel senso che l’invio di tale modello consente alla Pubblica Amministrazione, nella sua generalità, di acquisire, con data certa, conoscenza in ordine alla nascita, allo svolgimento e alla conclusione del rapporto di lavoro.

A ben vedere mediante tale comunicazione il datore di lavoro rilascia alla P.A. una dichiarazione circa l’avvenuta instaurazione di un rapporto di lavoro. Il contesto giuridico e sociale in cui la dichiarazione viene emessa e in cui è chiamata a spiegare i propri effetti porta a ritenere che la stessa abbia un valore, non meramente enunciativo o rappresentativo, ma volitivo e complementare al rapporto di lavoro al quale è strutturalmente collegata. Tale dichiarazione, infatti, fornisce una linea di condotta ed è destinata a spiegare effetti sul piano sia interprivatistico sia amministrativo, segnando in quest’ultima ipotesi il criterio metodologico che la P.A. è tenuta ad osservare nell’espletamento delle proprie funzioni di controllo. Proprio per effetto di tale complementarietà si può prospettare che la sanzione della nullità che colpisce il contratto di lavoro in frode alla legge possa travolgere anche l’atto ad esso strutturalmente collegato e cioè la comunicazione UNILAV giacché simul stabunt vel simul cadent. Tale comunicazione pertanto dovrebbe considerarsi non esistente e come se non fosse stata mai effettuata, atteso che quod nullum est nullum producit effectum, con la conseguenza che il rapporto in essa indicato potrebbe reputarsi sconosciuto alla P.A., quindi meritevole del trattamento sanzionatorio previsto per il lavoro sommerso.

Considerazioni conclusive


Nel caso di specie, il personale ispettivo si è arrestato con prudenza alle indicazioni ministeriali, senza porre in risalto la condotta di Beta. Laddove infatti venisse provato che quest'ultima ditta individuale abbia mascherato un rapporto di lavoro subordinato con un non rapporto di lavoro, quale è il tirocinio, la prospettiva cambierebbe radicalmente. La condotta di Beta emergerebbe come fraudolenta e volta all'elusione delle norme relative all'instaurazione dei rapporti di lavoro subordinato, in quanto orientata esclusivamente ad evitare l'applicazione del rigoroso regime sanzionatorio previsto per chi utilizza manodopera in nero.

In ragione di ciò ben si comprende che la riqualificazione in senso subordinato dello pseudo-tirocinio posto in essere, significa, in altre parole, ricomprendere all'interno del mondo dei rapporti di lavoro ciò che è stato configurato artificiosamente come qualcosa di diverso da un rapporto di lavoro letteralmente inteso. Di conseguenza, oltre alla riqualificazione in senso subordinato del tirocinio, dovrà essere applicata la maxisanzione per lavoro nero, in quanto la nullità che colpisce il tirocinio fraudolento travolge anche la relativa comunicazione UNILAV.

Altro tema, di scottante rilevanza applicativa, è capire se sia possibile o meno estendere tale prospettazione anche ad altri contratti di lavoro, posti in essere in modo elusivo al solo fine di ridurre la quantità di contributi pagati.

NOTE

i Cfr. circolare n. 38 cit..

ii Pertanto il personale ispettivo adotterà diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04 per gli adempimenti scaturenti dalla riqualificazione del rapporto.

iii Cfr. Giuseppe Cricenti “I contratti in frode alla legge”, II edizione, pag. 335.

iv Cfr. Scotti Camuzzi Sergio, opera sopra cit., pag. 334.

v Cfr. Cass. Civ. n. 11412/2000; Trib Pisa 21/09/2000. Per la conversione nell’ipotesi della frode alla legge cfr. anche Corte di Appello Aquila, n. 817 del 15/06/2010.

vi Cfr. caso pratico de “L'Ispezione del Lavoro”, del 16 dicembre 2011, “La comunicazione al Centro per l'impiego slitta in caso di termine festivo”.

vii Come insieme staranno così insieme cadranno.

viii Tamquam non esset.

ix Ciò che è nullo non produce alcun effetto.


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