Accertamento anticipato valido prima dei sessanta giorni se l'ispezione non è rilevante

Pubblicato il 12 luglio 2018

L’avviso di accertamento anticipato, ossia notificato prima dei sessanta giorni dall’ispezione, è da considerare valido se, in occasione dell’accesso istruttorio eseguito presso la sede del contribuente, la documentazione acquisita non è risultata rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18245 depositata l'11 luglio 2018, con la quale gli Ermellini hanno accolto il ricorso dell'Agenzia delle Entrate ribaltando il verdetto delle Ctp e Ctr di Firenze.

Un imprenditore si era visto spiccare un avviso di accertamento senza che fosse rispettato il termine dei 60 giorni previsto dallo Statuto del contribuente per la difesa dello stesso, in quanto durante l’ispezione l’Amministrazione finanziaria aveva acquisito solo i dati che aveva già avuto in precedenza, a seguito degli incontri avvenuti presso l’Ufficio.

L’imprenditore ha impugnato l’atto impositivo, sia in primo che secondo grado, ottenendo l’annullamento dell’avviso di accertamento a fini Irpef, Iva e Irap per l’anno 2007.

L’Agenzia delle Entrate, così, ha presentato ricorso in Cassazione.

Sì all’accertamento prima dei sessanta giorni se i documenti non sono rilevanti

Nell’ordinanza n. 18245/2018, la Suprema Corte ha ribaltato il verdetto reso in sede di merito e stabilito che non c'è violazione del principio del contraddittorio e l'avviso di accertamento anticipato emesso prima dei 60 giorni è valido.

Si legge nelle conclusioni della Corte, infatti, che la sentenza impugnata è apparsa erronea, laddove ha ritenuto violato l’articolo 12 della Legge n. 212/2000, sul solo presupposto di un accesso presso la sede della società, senza verificare se, in tale fase, sia stata acquisita documentazione, nonché la rilevanza attribuita alla stessa nella motivazione dell’avviso di accertamento impugnato; dovendo, in caso negativo, escludersi qualsiasi rilevanza all'accesso medesimo”.

Ricorda la Corte, nelle sue motivazioni, che il principio generale previsto dallo Statuto del contribuente è quello “secondo cui il termine dilatorio di sessanta giorni dall'accesso, ispezione o verifica nei locali del contribuente prima della notifica dell'accertamento di cui all'art. 12 L. 212/2000, tende a tutelare il contraddittorio a fronte degli elementi raccolti in sede di accesso, con ciò direttamente correlando al principio del contraddittorio la previsione del termine, che trova la sua giustificazione nella possibilità di interlocuzione tra il fisco e il contribuente, al fine di consentire a quest'ultimo di opporre le sue ragioni e produrre documentazione per evitare l'emissione dell'atto accertativo o anche di diminuire la eventuale pretesa tributaria”.

La sentenza impugnata, dunque, è stata cassata con rinvio.

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