Legittimo il licenziamento disciplinare basato sulla perdita di fiducia del lavoratore dovuta ad un ammanco di denaro, nonostante la presenza di una prassi aziendale tollerata, che prevede maggiore flessibilità nella consegna del denaro.
Con ordinanza n. 21836 del 2 agosto 2024, la Sezione lavoro della Corte di cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa che una società aveva comminato ad un proprio dipendente.
Nel corpo della decisione, la Suprema corte ha approfondito il tema degli usi aziendali, delineando chiaramente i principi che regolano la loro rilevanza e applicazione nel contesto del diritto del lavoro.
La Corte, in primo luogo, ha richiamato quanto affermato dalla giurisprudenza riguardo alla distinzione tra usi aziendali (o usi negoziali) e usi normativi.
Gli usi aziendali si formano attraverso la ripetizione costante e generalizzata di un comportamento all'interno di un’azienda, e non richiedono l'"opinio iuris ac necessitatis", caratteristica invece degli usi normativi.
Questo tipo di uso è riconducibile al mero fatto giuridico della reiterazione e può inserirsi automaticamente come clausola d'uso nel contratto individuale di lavoro, ma solo in quanto deroga "in melius" alla disciplina collettiva.
La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che:
Perché un comportamento aziendale possa costituire un uso aziendale, è necessario che sia ripetuto costantemente e in modo generalizzato nei confronti di una collettività di destinatari.
La reiterazione di questo comportamento manifesta implicitamente l'intento dell'azienda di regolare il rapporto di lavoro anche per il futuro.
L'esistenza di un uso aziendale - ha sottolineato, quindi, la Corte - deve essere dimostrata positivamente e tale valutazione spetta al giudice di merito.
Questo significa che l'uso deve risultare da una prassi consolidata, e il giudice deve verificare se tale comportamento è stato seguito in modo coerente e uniforme all'interno dell'azienda.
Tutto ciò considerato, la Suprema corte ha ribadito che, sebbene un uso aziendale possa influenzare i singoli rapporti di lavoro all'interno di un'azienda, esso non può giustificare comportamenti che compromettano la fiducia necessaria per la prosecuzione del rapporto di lavoro.
In particolare, nell'ambito del licenziamento per giusta causa, anche un comportamento che potrebbe essere tollerato come prassi aziendale non esime il lavoratore dall'obbligo di osservare le direttive formali, soprattutto se queste riguardano aspetti fondamentali come la gestione del denaro aziendale.
La vicenda specificamente esaminata riguardava la legittimità del licenziamento disciplinare comminato a un lavoratore, con qualifica di capo negozio, per un ammanco di denaro significativo.
Al dipendente, in particolare, era stata contestata la mancata osservanza delle procedure di cambio moneta e il mancato “riversamento” delle somme oggetto di cambio nelle casse del negozio con conseguenti ammanchi nella contabilità complessiva.
La condotta era stata considerata un inadempimento grave, tale da pregiudicare definitivamente il vincolo fiduciario.
La Cassazione ha ritenuto corretta e coerente la valutazione della Corte d'Appello di Firenze, che aveva adeguatamente considerato sia le circostanze di fatto sia la rilevanza delle prassi aziendali, giungendo alla conclusione che il licenziamento fosse giustificato.
E' stato contestualmente rigettato il ricorso con cui il dipendente aveva sostenuto che le direttive aziendali sul cambio moneta fossero state superate da una prassi tollerata, che prevedeva una maggiore flessibilità temporale nella consegna delle somme di denaro.
Nella specie, la Corte ha ritenuto che tale prassi non fosse rilevante, poiché era stato accertato un ammanco significativo nelle casse, riferito a ben 19 operazioni di cambio moneta non registrate.
Richiamando i principi enunciati dalla giurisprudenza, la Cassazione ha stabilito che un uso aziendale, per quanto consolidato, non può prevalere su obblighi fondamentali del lavoratore, come quelli relativi alla diligenza e alla correttezza nella gestione delle risorse aziendali.
In presenza di una prassi aziendale, è necessario dimostrare che tale prassi ha realmente modificato le aspettative di comportamento del lavoratore e che questa modifica è stata accettata dall'azienda in modo consapevole e uniforme.
Tuttavia, ciò non legittima condotte che possano minare il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore, il cui mantenimento è essenziale per la prosecuzione del rapporto di lavoro stesso.
Sintesi del Caso | Licenziamento per giusta causa di un capo negozio per un ammanco di denaro significativo, nonostante la presenza di una prassi aziendale tollerata. |
Questione Dibattuta | La legittimità del licenziamento basato sulla perdita di fiducia del datore di lavoro, alla luce dell'esistenza di una prassi aziendale che prevedeva una flessibilità nelle procedure di gestione del denaro. |
Soluzione della Corte di cassazione | La Cassazione ha stabilito che, anche in presenza di una prassi aziendale tollerata, il licenziamento è legittimo se la condotta del lavoratore compromette la fiducia necessaria per la prosecuzione del rapporto di lavoro. L’uso aziendale non prevale su obblighi fondamentali come la corretta gestione delle risorse aziendali. |
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