Atti esecutivi, giudice ordinario o tributario?

Pubblicato il 15 aprile 2020

Le Sezioni Unite civili sul discrimine fra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria in ordine all’attuazione di una pretesa tributaria manifestata con atto esecutivo.

Con la corposa ordinanza n. 7822 del 14 aprile 2020, la Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, ha enunciato una serie di principi di diritto per quanto riguarda il sistema di cui al combinato disposto dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992 (Disposizioni sul processo tributario) e degli artt. 49 e seguenti del DPR n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) e, in particolare dell’art. 57 di quest’ultimo (sull’opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi), per come emendato dalla sentenza della Consulta n. 114/2018.

Cognizione del giudice tributario

Al giudice tributario – hanno precisato gli Ermellini - spetta la cognizione di ogni questione con cui ci si oppone all’atto esecutivo basata su fatti che incidono sulla pretesa tributaria, ossia rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notifica sia mancata, sia inesistente o nulla.

Questo, sia se si tratti di fatti inerenti ai profili di forma e di contenuto degli atti in cui si è espressa la pretesa, quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi o impeditivi di essa.

Giurisdizione ordinaria

Alla giurisdizione ordinaria, invece, spetta la cognizione:

E’ alla luce di questi principi che la Suprema corte ha risolto un conflitto di giurisdizione dichiarando la cognizione del giudice ordinario sulla domanda principale oggetto del giudizio, concernente la legittimità di un pignoramento presso terzi notificato in forza di due cartelle esattoriali.

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