Avvocato agisce contro il cliente senza rimettere il mandato? Sospeso

Pubblicato il 08 maggio 2019

Sì alla sospensione per il legale che agisce in giudizio contro il proprio assistito per recuperare dei compensi, senza, però, rinunciare prima al mandato.

Sezioni Unite confermano la decisione del CNF

Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con sentenza n. 11933 del 7 maggio 2019, hanno confermato la decisione con cui il Consiglio Nazionale Forense aveva disposto, nei confronti di un avvocato, la sanzione disciplinare della sospensione, per due mesi, dall’esercizio dell’attività professionale.

Il legale era stato riconosciuto responsabile per aver intrapreso una procedura di pignoramento presso terzi a carico del proprio assistito, ai fini del recupero di un compenso professionale.

Questo, senza aver prima rinunciato al mandato che aveva ricevuto dal cliente in ordine ad una causa giunta in grado di appello e ancora pendente.

Il tutto, con violazione del precetto contenuto nell’articolo 46 del Codice deontologico forense ratione temporis vigente, ai sensi del quale “l’avvocato può agire giudizialmente nei confornti della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, previa rinuncia al mandato”.

Sanzione adeguata alla gravità della condotta

A fronte del ricorso avanzato dall’incolpato, i giudici delle SU hanno ritenuto condivisibile la valutazione contenuta nella decisione del CNF in punto di gravità della condotta.

Ciò, in considerazione sia delle modalità della medesima (la procedura esecutiva era stata avviata subito dopo il deposito della favorevole sentenza di appello e prima ancora di avvertire il cliente) sia della carica di componente dell’Ordine degli avvocati rivestita dal legale incolpato, a cui sarebbe stato richiesto il massimo rigore nel rispetto delle regole deontologiche forensi.

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