Con sentenza n. 22082 del 12 giugno 2025, la Corte di Cassazione, Terza Sezione penale, è tornata a pronunciarsi sulla questione dell’applicazione della disciplina prevista dal Decreto legislativo n. 231/2001 alle società di capitali unipersonali, confermandone l’ammissibilità in presenza di determinate condizioni organizzative e funzionali.
Il D.lgs. 231/2001 ha introdotto nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa degli enti per alcuni reati commessi nel loro interesse o vantaggio da soggetti in posizione apicale o subordinata. Un tema rilevante è rappresentato dalla sua applicabilità alle società con unico socio e amministratore, circostanza che potrebbe determinare una sovrapposizione tra ente e persona fisica.
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’applicazione della disciplina in questione è possibile - si ricorda, sul punto, la sentenza n. 10930/2025 - a condizione che l’ente risulti strutturato in modo autonomo rispetto alla persona fisica che lo controlla (Cassazione n. 45100/2021).
Tra gli elementi che consentono di valutare questa autonomia, la Corte indica:
La valutazione va condotta caso per caso, considerando l’assetto dell’ente nel suo complesso.
Nel caso oggetto della decisione, l’amministratore unico di una società era stato ritenuto responsabile di violazioni in materia ambientale con riferimento alla gestione di rifiuti. La società era stata destinataria di una sanzione ai sensi dell’art. 25-undecies del D.lgs. 231/2001.
La difesa aveva sostenuto che non vi fosse distinzione tra la società e il suo unico rappresentante, e che l’ente non avesse tratto alcun effettivo vantaggio.
La Corte ha respinto tali rilievi, ritenendo invece corretta la valutazione della Corte d’Appello, secondo cui:
La Corte ha pertanto concluso per l’esistenza di una soggettività autonoma dell’ente, distinta da quella del socio-amministratore, con conseguente legittimità della sua responsabilizzazione ai sensi del D.lgs. 231/2001.
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