Condannata l’Azienda ospedaliera che omette la biopsia

Pubblicato il 14 ottobre 2017

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha confermato la responsabilità di un’Azienda ospedaliera per inadempimento contrattuale – e la responsabilità del medico dipendente da c.d. “contatto sociale” – in relazione all’ esecuzione di un intervento di asportazione totale di un rene, cui era stata sottoposta una paziente, in quanto affetta da neoplasia evidenziata da ecografia e Tac. L’Azienda ed i sanitari operanti – e qui sta il profilo di responsabilità rilevato – avevano tuttavia omesso di approfondire le indagini diagnostiche mediante esecuzione di biopsia estemporanea, essendo poi risultato affetto, l’organo asportato, da una patologia infettiva che avrebbe richiesto un’asportazione solo parziale, non totale.

Biopsia omessa, idonea ad evitare la totale asportazione dell’organo

In caso di mancata attuazione della condotta dovuta, afferma in proposito la Corte Suprema, la sussistenza della relazione eziologica non può che essere ipoteticamente dedotta alla stregua di un criterio di prevedibilità oggettiva (desumibile da leggi statistiche o da regole scientifiche), verificando se il comportamento omesso poteva o meno ritenersi idoneo – in quanto causalmente efficiente – ad impedire l’evento dannoso, con la conseguenza che deve escludersi dalla serie causale l’omissione di quella condotta che non sarebbe riuscita in alcun modo ad evitare l’evento. Ed a tali criteri si è correttamente conformata la Corte territoriale, laddove ha affermato che la difficoltà di pervenire comunque ad una diagnosi differenziale, non vale ad escludere l’astratta idoneità dell’indagine non effettuata (biopsia) ad individuare la patologia e, dunque, ad evitare la totale asportazione del rene.

Accertamento causalità materiale. Difficoltà di lettura dell’esame omesso, non rileva

Resta fermo, in altre parole, che l’esame bioptico costituisce adempimento necessario per confermare/escludere la neoplasia ed evidenziare eventuali patologie diverse. Trattasi dunque di condotta eziologicamente rilevante rispetto alla successiva scelta terapeutica di asportazione totale invece che parziale dell’organo. Tanto è sufficiente – conclude la Corte con sentenza n. 24073 del 13 ottobre 2017 – ai fini dell’esaurimento del giudizio di causalità materiale, non venendo ad incidere su detto accertamento, la paventata difficoltà di lettura dell’esame diagnostico omesso (da valutarsi alla stregua della perizia professionale, ma che presuppone l’avvenuto espletamento dell’esame medesimo).

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