Consiglio di stato: l'esclusione delle società semplici dalle gare non contrasta con la normativa comunitaria

Pubblicato il 16 giugno 2010
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3638 dell'8 giugno 2010, ha accolto il ricorso avanzato dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici per la riforma della decisione con cui il Tar Veneto aveva sostenuto che l’articolo 10 della Legge 109/1994, e l’articolo 34, del sopravvenuto Decreto legislativo 163/2006, nella parte in cui consentono la partecipazione alle gare di appalto alle sole società commerciali con esclusione delle società semplici, si porrebbero in contrasto con le direttive comunitarie in materia (la 93/37/CEE e la 2004/18/CE), che contengono una nozione ampia di operatore economico, e che vietano agli Stati membri di esigere una particolare forma giuridica dell’operatore economico per la partecipazione alle gare di appalto.

Secondo il Consiglio di stato, le norme comunitarie, pur affermando il principio di libertà di forma del concorrente, non escludono che il singolo stato membro disciplini la capacità giuridica dei soggetti diversi dalle persone fisiche, “vietando a determinate categorie di persone giuridiche di offrire lavori, beni o servizi sul mercato”. In particolare, nel nostro ordinamento è l'articolo 2249 del Codice civile a impedire alla società semplice di svolgere attività commerciale. Tale disposizione – continua il Collegio - è da ritenere coerente con l'articolo 4, par. 1, della Direttiva 2004/18/Ce la quale lascia agli Stati membri la possibilità di autorizzare o meno determinate categorie di soggetti a offrire prestazioni sul mercato. Tale limitazione è - a detta dei giudici amministrativi - ragionevole e non discriminatoria in quanto “si giustifica per il peculiare regime della responsabilità della società semplice verso i terzi, rispetto al regime della responsabilità delle altre società, ben più garantista per i terzi”.
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