Consulta: vanno allo Stato i beni confiscati alla mafia

Pubblicato il 20 ottobre 2012 La Corte costituzionale, con la sentenza n. 234 del 19 ottobre 2012, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dalla Regione siciliana nei confronti degli articoli 45, comma 1, 47 e 48, comma 3, del Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), per asserita violazione degli articoli 114, 116, 118, 119 e 120 della Costituzione, all’articolo 33, secondo comma, dello statuto della Regione siciliana.

Le disposizioni di riferimento sono quelle che disciplinano il procedimento di destinazione dei beni oggetto di confisca definitiva alla criminalità organizzata. Di questi, in particolare, è prevista un’assegnazione in via preferenziale allo Stato.

Per la Regione siciliana, per contro, l’autonomia regionale e locale nonché le disposizioni dello Statuto della Regione medesima esigerebbero che essa venisse prioritariamente riconosciuta in favore del territorio al quale questi ultimi appartengono. Da qui la proposizione della questione.

Secondo la Consulta, sono diversi i presupposti su cui si basano la disposizione statutaria, da un lato, e la norma impugnata, dall’altro. Poiché, infatti, lo statuto disciplina un modo di acquisto della proprietà da parte del patrimonio pubblico in seguito al ritrovamento di beni culturali, mentre l’articolo 45, comma 1, del Decreto legislativo n. 159 del 2011 regola gli effetti della confisca, ove essa abbia colpito tali beni che siano di proprietà privata, non vi è alcuna sovrapposizione degli stessi.
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