Corte Costituzionale: la disciplina degli NCC spetta alle Regioni

Pubblicato il 05 novembre 2025

Spetta alla competenza regionale, non allo Stato, la regolazione degli obblighi e delle modalità operative del servizio di noleggio con conducente (NCC).

Con la sentenza n. 163 del 2025, la Corte costituzionale ha accolto i conflitti di attribuzione sollevati dalla Regione Calabria contro il Decreto Interministeriale n. 226/2024, emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) di concerto con il Ministero dell’Interno, e contro le relative circolari attuative, in materia di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico (FDSE), ai fini dello svolgimento del servizio di NCC.

La Consulta ha stabilito che non ricade nella competenza statale imporre agli esercenti il servizio di noleggio con conducente (NCC) obblighi e divieti sproporzionati rispetto alla finalità di garantire una leale concorrenza con i taxi.

Tali atti hanno invaso la sfera di competenza delle Regioni in materia di trasporto pubblico locale, di cui all’art. 117, commi 4° e 6°, della Costituzione.

NCC: il contesto normativo e la genesi del conflitto  

Il Decreto Interministeriale n. 226/2024  

Il decreto censurato disciplinava le modalità di tenuta e compilazione del Foglio di Servizio Elettronico (FDSE) per gli NCC, introducendo tre obblighi principali:

Le circolari attuative del MIT  

Le circolari del 3 e 23 dicembre 2024, a seguire, fornivano istruzioni operative e un calendario di implementazione del sistema informatico, rendendo di fatto vincolante il modello ministeriale su tutto il territorio nazionale.

La Regione Calabria ha impugnato tali atti, sostenendo che essi eccedessero i limiti della competenza statale, incidendo direttamente sull’organizzazione del servizio pubblico locale.

Le ragioni della Regione Calabria  

Invasione delle competenze regionali  

La Regione, in particolare, ha contestato che la disciplina ministeriale regolasse in modo dettagliato l’esercizio dell’attività NCC, materia che spetta alle Regioni in base al principio di sussidiarietà e all’autonomia organizzativa sancita dal Titolo V della Costituzione.

Violazione del principio di leale collaborazione  

Inoltre, l’adozione del decreto e delle circolari era avvenuta senza previa consultazione in sede di Conferenza Stato-Regioni, nonostante l’impatto diretto sulla gestione territoriale dei servizi.

La posizione dello Stato  

L’Avvocatura generale dello Stato ha difeso la legittimità degli atti, sostenendo che le misure impugnate perseguivano finalità concorrenziali e miravano a garantire una chiara distinzione tra NCC e taxi, prevenendo comportamenti elusivi.

Secondo la difesa, le norme si collocavano nell’ambito della competenza statale esclusiva in materia di tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e, Cost.).

Il giudizio della Corte costituzionale  

Competenza regionale e limiti della concorrenza  

La Corte ha riconosciuto che il servizio NCC rientra nella materia del trasporto pubblico locale, attribuita alle Regioni.

Pur ammettendo che la tutela della concorrenza possa incidere trasversalmente su tale ambito, la Consulta ha chiarito che l’intervento statale deve rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità.

Violazione del principio di proporzionalità  

La Corte Costituzionale, nel dettaglio, ha giudicato sproporzionato il vincolo dei 20 minuti, che ripropone indirettamente l’obbligo di rientro in rimessa già dichiarato incostituzionale con la sentenza n. 56/2020.

Ha inoltre ritenuto eccessivo il divieto di contratti di durata con intermediari, poiché limita la libertà contrattuale di operatori economici quali alberghi, agenzie di viaggio e tour operator.

Infine, ha considerato non giustificato l’obbligo di utilizzare esclusivamente l’applicazione ministeriale, in quanto contrario al principio di neutralità tecnologica e lesivo della libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.).

Con la sentenza n. 163/2025, in conclusione, la Consulta ha dichiarato che non spettava allo Stato adottare le disposizioni contestate, annullando in parte qua il decreto e le circolari ministeriali.

E' stato così riaffermato il principio secondo cui lo Stato può intervenire in materia di concorrenza solo con misure proporzionate e non invasive delle competenze regionali, garantendo il corretto equilibrio tra autonomia territoriale e uniformità del mercato nazionale.

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