Esenzione ICI: non necessaria la coabitazione con i familiari

Pubblicato il 21 luglio 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativo all’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI). La norma, nella parte in cui subordinava l’esenzione per l’abitazione principale alla condizione che non solo il possessore dell’immobile, ma anche i suoi familiari vi dimorassero abitualmente, è stata ritenuta in contrasto con i principi di uguaglianza tributaria e di tutela della famiglia sanciti dalla Costituzione.

In particolare, la Corte ha evidenziato come tale disposizione finisca per penalizzare ingiustamente il contribuente coniugato non convivente.

Con la pronuncia n. 112 del 18 luglio 2025, la Corte costituzionale completa il percorso già intrapreso con la sentenza n. 209 del 2022, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione analoga in materia di IMU. Pur trattandosi di una norma relativa all’ICI, imposta ormai abolita dal 2012, la decisione avrà effetti diretti sui contenziosi ancora pendenti.

Rimessione alla Corte costituzionale

È stata la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, per prima, a sollevare la questione dinanzi alla Corte costituzionale, interrogandola sulla correttezza giuridica e sulla conformità ai principi costituzionali dell’interpretazione dell’articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 209 del 2022 relativa all’IMU.

In particolare, si chiedeva se fosse legittimo riconoscere l’agevolazione fiscale anche nei casi in cui l’immobile sia adibito a dimora abituale esclusivamente dal contribuente – titolare dell’immobile in quanto proprietario, usufruttuario o titolare di altro diritto reale – pur in assenza della coabitazione con i familiari.

L’evoluzione normativa su ICI e IMU

Il giudice rimettente osserva che, nel corso del tempo, la normativa in materia di esenzione dall’ICI e dall’IMU per l’abitazione principale ha fatto costante riferimento al concetto di "nucleo familiare".

Secondo tale lettura, la distinzione sostanziale tra le due imposte risiedeva nel fatto che, per l’IMU – almeno fino all’intervento correttivo della Corte costituzionale – era necessario che coesistessero entrambi i requisiti della residenza anagrafica e della dimora abituale. Diversamente, nella disciplina relativa all’ICI, tali due condizioni erano considerate equivalenti, salvo che non venisse fornita prova contraria da parte del contribuente.

L’interpretazione giurisprudenziale sull’IMU e l’intervento normativo del 2021

Il giudice a quo richiama poi l’indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione formatosi in tema di IMU, secondo cui l’esenzione non poteva essere riconosciuta a coniugi che vivevano stabilmente in due abitazioni diverse. La Cassazione riteneva infatti che il beneficio fiscale spettasse solo qualora l’intero nucleo familiare coabitasse abitualmente nell’immobile corrispondente alla residenza anagrafica. In questa prospettiva, la nozione di abitazione principale implicava l’esistenza di un unico immobile di riferimento, escludendo la possibilità che ciascun coniuge potesse usufruire dell’agevolazione per immobili distinti, anche se situati in comuni differenti.

La Corte rimettente sottolinea infine l’intervento legislativo introdotto con l’art. 5-decies, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2021, n. 215. Tale disposizione ha integrato l’art. 1, comma 741, lettera b), della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), prevedendo espressamente che, nel caso in cui i membri del nucleo familiare abbiano fissato residenza anagrafica e dimora abituale in immobili distinti, anche se ubicati in comuni diversi, le agevolazioni fiscali relative all’abitazione principale e alle relative pertinenze possano essere applicate soltanto a uno di essi, scelto dai componenti del nucleo.

Limiti dell’estensione automatica della sentenza n. 209/2022 all’ICI

Il Collegio rimettente evidenzia che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 209 del 2022, ha dichiarato incostituzionale la norma sull’IMU che imponeva, per definire un’abitazione come «principale», la convivenza sia del possessore sia del suo nucleo familiare, ritenendo sufficiente invece la sola presenza del possessore.

Tuttavia, la Corte – pur riconoscendo l’analogia con la normativa ICI – in quell’occasione non ha esteso automaticamente l’illegittimità anche all’art. 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504/1992, che prevedeva la stessa condizione (dimora con i familiari) per l’esenzione ICI. Da qui, la necessità di un nuovo intervento di legittimità costituzionale.

La natura dell’ICI e il principio di uguaglianza

Secondo la sentenza n. 112 del 18 luglio 2025 della Corte costituzionale, come l’IMU anche l’ICI è un’imposta "reale", cioè basata sulle caratteristiche dell’immobile, non sulla situazione personale del contribuente. Per questo motivo, non dovrebbe rilevare se il contribuente sia sposato o meno.

Richiedere, ai fini dell’esenzione, che anche i familiari vivano stabilmente nell’abitazione, risulta quindi irragionevole e in contrasto con il principio di uguaglianza.

Una persona non coniugata, infatti, riceve l’esenzione solo perché vi dimora abitualmente, mentre il contribuente sposato che non convive col partner (per esempio per motivi di lavoro o assistenza a familiari anziani) ne viene escluso ingiustamente. Ciò comporta anche una lesione dei principi costituzionali a tutela della famiglia (artt. 29 e 31 della Costituzione).

La ratio della norma contestata e le sue contraddizioni

L’obiettivo originario della norma era impedire che i coniugi, dichiarando fittiziamente due residenze diverse, potessero beneficiare due volte dell’esenzione per l’abitazione principale.

Tuttavia, la norma presume che le coppie sposate convivano sempre, come previsto dal codice civile. Non tiene invece conto delle nuove realtà sociali, dove non è raro che i coniugi decidano di vivere in case diverse, pur mantenendo il vincolo affettivo, a causa del lavoro o altre esigenze familiari. Questo tipo di situazioni è proprio ciò che è emerso nei casi oggetto del giudizio.

La posizione della Corte costituzionale

Questa impostazione è stata oggetto di specifica valutazione da parte della Corte costituzionale. In continuità con la sua sentenza n. 209/2022 sull’IMU, la Corte ribadisce che l’"abitazione principale" deve essere intesa come il luogo in cui il contribuente vive abitualmente.

È corretto, quindi, concedere l’esenzione solo se il possessore effettivamente abita l’immobile, ma non è giustificato escluderla nel caso in cui i familiari non vivano con lui. Una tale impostazione penalizza irragionevolmente le coppie sposate che, per reali esigenze, hanno dimore diverse.

In un sistema fiscale rispettoso della Costituzione, non si possono prevedere regole che sfavoriscano chi sceglie di formalizzare la propria relazione attraverso il matrimonio. L’effetto della norma, così com’è scritta e interpretata, è proprio quello di escludere l’esenzione nei casi in cui i coniugi non coabitano, anche se ciò avviene per motivi legittimi.

Esenzione ICI basata unicamente sulla posizione del contribuente

Per tutte queste ragioni, la Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504/1992, nella parte in cui prevede che, per ottenere l’esenzione ICI sull’abitazione principale, sia necessaria la dimora abituale anche dei familiari del contribuente.

D’ora in avanti, la norma deve essere letta nel senso che è sufficiente che il contribuente stesso viva abitualmente nell’immobile di sua proprietà, usufrutto o altro diritto reale.

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