Diffamante la cronaca che diventa dileggio

Pubblicato il 25 marzo 2015 Con sentenza n. 5851 depositata il 24 marzo 2015, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, ha respinto il ricorso presentato da una giornalista e da una società editrice, avverso la pronuncia con cui entrambi erano stati condannati – anche in solido con il direttore della testata giornalistica – a liquidare i danni morali ad un medico Inail, per diffamazione a mezzo stampa nei suoi confronti.

La giornalista ricorrente aveva infatti pubblicato nella testata in questione, un articolo relativo alla vicenda dei c.d. “falsi invalidi”, apostrofando il medico coinvolto con l’epiteto di “somaro”.

Aveva inoltre associato al predetto professionista, un disegno umoristico in cui lo stesso veniva riprodotto con l’orecchio accostato ad una cornucopia tracimante banconote, così eccedendo – a detta dei giudici di merito – i limiti della continenza.

Lamentavano in proposito i ricorrenti– richiamando la giurisprudenza delimitante gli ambiti del diritto di cronaca – come nel caso di specie, non potessero ritenersi violati i limiti della “verità putativa del fatto rappresentato”, dell’”interesse generale alla notizia” e della “correttezza della narrazione”.

Invero, con la sentenza in esame, la Cassazione – a conferma di quanto dedotto in appello – ha ritenuto “diffamatori” i termini impiegati nella presente pubblicazione.

Ha infatti ribadito la Corte che, anche una riproduzione che sia apparentemente conforme alla realtà, deve essere sempre valutata secondo il criterio della continenza delle espressioni, delle immagini e delle foto o disegni utilizzati.

Pertanto, non è possibile riconoscere alcuna scriminante a favore degli autori, allorché –come ritenuto nel caso di specie – la satira diventi forma pura di dileggio e disprezzo, andando a ledere la dignità delle persone.
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