Diniego del Fisco impugnabile in autotutela solo se illegittimo

Pubblicato il 19 giugno 2012 La sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10020 del 18 giugno 2012, si è espressa sul principio di autotutela dopo che un cittadino aveva impugnato il diniego espresso dall’agenzia delle Entrate alla richiesta di annullamento in autotutela di alcuni avvisi di accertamento Irpef, Irpeg e Ilor, divenuti definitivi.

Nei precedenti gradi di giudizio: la Ctp aveva annullato la pretesa erariale, mentre la Ctr aveva dichiarato inammissibile il ricorso in quanto mancava l'indicazione di un interesse pubblico all'annullamento dell'atto.

Ora la Suprema Corte fa chiarezza sull’argomento.

Per i giudici di legittimità, un contribuente può proporre ricorso contro il diniego dell’Amministrazione finanziaria di procedere all’esercizio del potere di autotutela “soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità dei rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria”. Affinché si possa procedere a ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo è necessario che si ravvisi l’esistenza di “un interesse di rilevanza generale dell'Amministrazione”.

È, infatti, principio consolidato nella prassi giurisdizionale che il diniego sia impugnabile solo per vizi propri e, dunque, con il ricorso contro il diniego non si può contestare la fondatezza della pretesa tributaria, ma solamente eccepire eventuali aspetti di illegittimità del rifiuto stesso. Per contestare la pretesa tributaria, soprattutto se quest’ultima deriva da avvisi di accertamento divenuti definitivi, è necessario ravvisare l’esistenza di un pubblico interesse.
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