Doppia violazione No ne bis in idem

Pubblicato il 23 giugno 2016

Tra due violazioni, una di natura amministrativa e l’altra di natura penale, il giudice non può rilevare il ne bis in idem, ma piuttosto sollevare la questione di legittimità costituzionale circa l’interpretazione del disposto di cui all’art. 649 c.p.p.

E’ quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, accogliendo il ricorso del Procuratore Generale della Repubblica, avverso l’assoluzione di un soggetto imputato per i reati di cui all’art. 10 ter D.lgs. 74/2000.  Assoluzione giustificata, ai sensi degli artt. 529 e 649 c.p.p., dalla precedente irrogazione di sanzioni amministrative per i medesimi fatti oggetto del procedimento penale.

Pertanto il ricorrente deduceva come il giudice di merito avesse erroneamente qualificato quale “penale” la sanzione amministrativa irrogata, con conseguente errata applicazione del disposto di cui all’art. 649 c.p.p., pur senza sollevare questione di legittimità costituzionale.

Presunta illegittimità costituzionale art. 649 c.p.p.

Doglianza accolta dalla Corte Suprema, secondo cui, effettivamente, il giudice di merito avrebbe dovuto constatare l’impossibilità di intrepretare l’art. 649 c.p.p. in senso conforme alla norma convenzionale (trattasi nella specie dell’art. 4 Protocollo n. 7 Cedu) ed alla Costituzione, e sollevare per l’appunto la questione di legittimità costituzionale in relazione all'articolo suddetto, nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nel caso in cui l’imputato sia stato già giudicato, con provvedimento irrevocabile, per il medesimo fatto nell'ambito di un procedimento amministrativo per l’applicazione di una sanzione alla quale debba riconoscersi natura penale (ai sensi della Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti fondamentali dell’uomo e delle Libertà fondamentali e relativi Protocolli).

Va tuttavia rilevato – specifica di seguito la Corte con sentenza n. 25815 del 22 giugno 2016 – come nel caso di specie non vi sia alcuna prova circa la definitività dell’accertamento tributario. Il che rende del tutto priva di rilevanza la questione di cui al presente giudizio, né può considerarsi l’ipotesi di un rinvio pregiudiziale d’ufficio alla Corte di Giustizia europea.

 

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