Elusione come l'abuso: sanzione per infedele dichiarazione

Pubblicato il 01 dicembre 2011 Una triangolazione societaria con operazione elusiva è al centro della pronuncia espressa dalla Sezione tributaria della Cassazione nella sentenza n. 25537 del 30 novembre 2011.

La grande impresa, imputata del trasferimento di imprese controllate attraverso cessioni di partecipazioni ad una società terza, soccombe ed è condannata a pagare la sanzione comminatale dal Fisco prevista per le ipotesi di infedele dichiarazione.

Sanzione, questa, che si applica “per il solo fatto che la dichiarazione del contribuente sia difforme rispetto all'accertamento” anche in caso di accertamento di tipo antielusivo ex art. 37-bis del Dpr 600/1973, come chiariscono i Supremi giudici.

La decisione pro Fisco è spiegata con il presupposto che l'onere della prova delle valide ragioni economiche è a carico del contribuente, come nell’abuso del diritto, in quanto l’assenza di dette ragioni è implicita se si assoda che l'unico motivo dell'aggiramento della legge è il vantaggio fiscale.

È da rilevare che le due interpretazioni sono in contrasto con la dottrina prevalente.
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