Esclusione delle valutazioni delle cripto-valute dal reddito imponibile

Pubblicato il 21 marzo 2025

Gli effetti, sia di guadagno che di perdita, che emergono dalla stima del valore delle cripto-risorse al termine dell’anno contabile, non incidono sul calcolo dell’imponibile. Pertanto, le imprese sono tenute ad adeguare la propria dichiarazione fiscale con modifiche correttive, al fine di annullare l’effetto delle oscillazioni di magazzino sul risultato fiscale del periodo.

È la risposta – n. 78/2025 – fornita dall'Agenzia delle Entrate in tema di cripto-valute con riguardo all’interpretazione del comma 3-bis dell’articolo 110 del TUIR, il quale stabilisce un'eccezione rispetto alle regole ordinarie di stima previste dallo stesso articolo; esso precisa che gli effetti economici – sia favorevoli che sfavorevoli – legati alla valorizzazione delle valute digitali al termine dell’anno fiscale non vanno considerati nel calcolo del risultato imponibile, indipendentemente dal fatto che siano stati registrati o meno nel bilancio economico dell’esercizio.

Il caso sollevato: valutazioni delle cripto-attività

Nel corso del 2024, un istituto di credito attivo nel commercio di valute digitali ha posto alcuni interrogativi relativi alla corretta interpretazione delle recenti norme tributarie introdotte con la manovra finanziaria del 2023. Il focus si è incentrato sul comma 3-bis dell’articolo 110 del TUIR, il quale prevede che le variazioni di valore delle attività crittografiche registrate al termine dell’anno fiscale non devono essere incluse nel calcolo del risultato imponibile.

In sostanza, la legge di bilancio 20263 ha previsto un'importante eccezione rispetto alle regole ordinarie contenute nell’articolo 92 del TUIR, al fine di escludere dal reddito aziendale gli effetti delle oscillazioni di mercato delle cripto-risorse.

La banca, in conformità a questa linea, intende trattare le cripto-valute come immobilizzazioni immateriali, seguendo il principio contabile IAS 38, e gestire le transazioni tramite il criterio del costo medio ponderato per determinare il valore delle operazioni effettuate.

Dubbi sollevati dalla banca

In questo contesto, la banca ha formulato due quesiti:

  1. Il primo punto riguarda l’interpretazione dell’eccezione introdotta dall’articolo 110, comma 3-bis del TUIR: l’istituto si chiede se tale previsione rappresenti una completa esclusione dell’intera normativa prevista dall’articolo 92 del TUIR, che disciplina le modifiche al valore delle rimanenze di magazzino. In sostanza, si domanda se le variazioni tra scorte iniziali e finali debbano essere del tutto ignorate ai fini fiscali.

  2. Il secondo interrogativo riguarda il modo corretto per identificare i valori imponibili derivanti da operazioni effettive di compravendita di cripto-valute. In particolare, la banca chiede se possa continuare a utilizzare, per finalità fiscali, il metodo del costo medio ponderato adottato nella gestione interna delle cripto-valute, anche se nel bilancio tali asset vengono valutati al valore equo di mercato (fair value).

Categorie di cripto-attività

Premesso ciò, per comprendere pienamente il contesto, è opportuno fornire una sintetica descrizione delle caratteristiche delle valute digitali, che possono essere suddivise in due macro-categorie:

  1. Cripto-attività non garantite: token digitali il cui valore non è ancorato a un bene reale o finanziario. Ne sono esempio i Bitcoin o le stablecoin algoritmiche, il cui equilibrio di prezzo si basa su meccanismi automatici che regolano offerta e domanda attraverso formule matematiche.

  2. Stablecoin collegate ad asset reali: strumenti digitali sostenuti da riserve tangibili, come valute legali, titoli di credito o materie prime. Il loro scopo è mantenere un prezzo costante, ancorandosi a una moneta tradizionale (come euro o dollaro), a un bene fisico o a un insieme di attività sottostanti.

Le cripto-valute costituiscono una particolare forma di risorsa digitale e rientrano in una sotto-categoria delle cripto-attività. Si tratta, in sostanza, di strumenti di pagamento non tradizionali, che si propongono come alternative digitali alle valute ufficiali emesse da banche centrali o autorità monetarie.

Il loro utilizzo come mezzo di scambio si basa esclusivamente sull’accettazione spontanea da parte degli attori economici: in pratica, queste valute vengono accettate in transazioni commerciali per acquistare beni o servizi, senza che vi sia un obbligo legale a farlo.

A differenza del denaro fisico, le cripto-valute esistono solo in formato elettronico: vengono generate, archiviate e utilizzate attraverso tecnologie digitali, non su supporti materiali. Sono custodite in cosiddetti wallet digitali, accessibili liberamente dal proprietario che possiede le chiavi d’accesso. Il funzionamento e la creazione di queste valute si basa su complessi algoritmi matematici e sistemi crittografici, che ne garantiscono la sicurezza e la decentralizzazione, senza bisogno dell’intervento di enti terzi.

Finalità della norma: neutralizzare gli effetti delle fluttuazioni

L’Agenzia delle Entrate, con risposta n. 78 del 20 marzo 2025, osserva che il principio ispiratore della nuova disposizione fiscale (articolo 110, comma 3-bis del TUIR), come riportato nella relazione che accompagna il disegno di legge di bilancio 2023, è quello di neutralizzare l’impatto delle variazioni di prezzo delle cripto-attività possedute dalle aziende, a prescindere dai criteri contabili adottati nel bilancio.

Tale orientamento normativo mira quindi a non far pesare le fluttuazioni di mercato delle cripto-valute sul calcolo del reddito d’impresa. Tuttavia, restano escluse da questa agevolazione le valutazioni relative a crediti o debiti espressi in cripto-valute.

Inoltre, quando questi asset digitali vengono scambiati con altri beni o convertiti in valuta tradizionale, la differenza tra il valore effettivamente incassato e quello fiscalmente riconosciuto deve essere inclusa nel reddito imponibile del periodo in cui l’operazione è avvenuta.

Aggiustamenti fiscali per variazioni di valore o di quantificazione di cripto-attività

In merito al quesito dell’istante – se l’articolo 110, comma 3-bis, debba intendersi come deroga all'intera disciplina di cui all'articolo 92 TUIR (''Variazione delle rimanenze'') – l’Amministrazione finanziaria richiama quanto indicato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 30 del 27 ottobre 2023 (paragrafo 3.5): per motivi legati alla coerenza dell’impianto normativo, le variazioni di valore o di quantificazione riguardanti le cripto-attività devono essere trattate con specifici aggiustamenti fiscali – in positivo o in negativo – quando tali strumenti sono registrati in bilancio nelle seguenti forme:

Conclusione: deroga totale 

Nel documento di prassi n. 78/2025, l’Agenzia afferma che le valutazioni di fine periodo delle cripto-attività non producono effetti ai fini fiscali, costituendo una completa eccezione rispetto alle regole previste dall’articolo 92 del TUIR.

Ciò significa che eventuali profitti o perdite risultanti dalla stima del valore delle cripto-valute al termine dell’anno contabile non hanno effetti sul piano fiscale. In questo contesto, non trovano applicazione le regole ordinarie di valutazione delle scorte previste dal codice civile e dall’art. 92 del TUIR.

Obbligo di variazioni nella dichiarazione dei redditi

Di conseguenza, gli scostamenti di valore – sia in positivo che in negativo – legati alle cripto-attività non incideranno sul reddito imponibile.

Per tale ragione, l’istituto bancario interessato sarà tenuto a effettuare correzioni compensative nella propria dichiarazione dei redditi, al fine di annullare l’impatto fiscale delle variazioni contabili di magazzino.

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