Con la risposta a interpello n. 245 del 16 settembre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul trattamento fiscale da applicare a una maggiorazione patrimoniale che un fondo pensione di un gruppo bancario intende corrispondere nel 2025 ai propri pensionati.
Il documento ha particolare rilevanza perché affronta il nodo interpretativo legato alla distinzione tra prestazioni maturate prima e dopo il 1° gennaio 2007, data spartiacque fissata dal D.Lgs. n. 252/2005 che ha riformato in modo profondo la disciplina delle forme di previdenza complementare.
Il caso riguarda un fondo pensione di un gruppo bancario che aveva offerto ai propri pensionati, cessati dal servizio entro il 31 dicembre 2006, la possibilità di trasformare nel 2021 la rendita mensile in un capitale unico, sulla base di accordi stipulati nel 2019.
Successivamente, nel 2023, a seguito di un avanzo patrimoniale, il fondo ha deliberato una maggiorazione da corrispondere nel 2025 sia a coloro che avevano già capitalizzato la rendita sia a chi percepiva ancora la pensione.
Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate è se questa maggiorazione debba essere considerata come una nuova prestazione, maturata dopo il 2007 e quindi soggetta all’aliquota fissa del 15%, oppure come un’integrazione della prestazione originaria maturata prima del 2007, con conseguente applicazione della tassazione separata.
La questione affonda le radici nella riforma del 2007:
Con la risposta n. 245/2025, l’Agenzia delle Entrate ha confermato l’impostazione proposta dal fondo pensione, chiarendo che la maggiorazione prevista nel 2025 non rappresenta una nuova prestazione autonoma, bensì un’integrazione della prestazione originaria maturata entro il 31 dicembre 2006. Tale ricostruzione si fonda sul principio che le somme maturate prima del 2007 restano disciplinate dalle regole fiscali previgenti, indipendentemente dal momento della loro effettiva erogazione.
Ne deriva che la somma aggiuntiva deve essere assoggettata alla tassazione separata, secondo quanto stabilito dall’art. 17, comma 1, lett. a) del TUIR, che include le capitalizzazioni delle pensioni tra i redditi imponibili con modalità autonome rispetto al reddito complessivo. L’aliquota da applicare non è quella proporzionale del nuovo regime, ma l’aliquota interna calcolata ai sensi dell’art. 19 del TUIR, sulla base dell’intero reddito di riferimento (cioè la prestazione già liquidata nel 2021 sommata alla maggiorazione del 2025) e dell’anzianità contributiva complessiva del lavoratore fino alla cessazione dal servizio.
Un aspetto centrale sottolineato dall’Agenzia è la necessità di scomputare l’imposta già versata nel 2021 dal calcolo dell’imposta complessiva: ciò consente di evitare qualsiasi forma di doppia tassazione a danno del contribuente.
L’orientamento espresso dall’Agenzia con questa risposta ha conseguenze rilevanti sotto il profilo operativo e interpretativo.
Infine, la risposta fornisce un criterio applicativo chiaro e uniforme per il calcolo delle imposte: le maggiorazioni o gli importi aggiuntivi distribuiti successivamente alla liquidazione originaria devono essere trattati come parte integrante della prestazione già tassata, con calcolo dell’aliquota interna e recupero dell’imposta già pagata. Ciò garantisce certezza normativa sia per gli operatori che per i pensionati coinvolti, riducendo il rischio di contestazioni o interpretazioni discordanti.
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