Recesso legittimo se è provata anche solo una delle condotte addebitate, purché grave e idonea a compromettere il vincolo fiduciario: così la Corte d'appello di Napoli nel confermare il licenziamento in tronco di un lavoratore per comportamento aggressivo e danneggiamento di beni aziendali.
Con la sentenza n. 2360 del 5 giugno 2025, la Corte d'appello di Napoli ha confermato la legittimità di un licenziamento per giusta causa irrogato ad un lavoratore per avere sferrato un pugno contro il vetro di una porta degli spogliatoi aziendali, rompendolo e procurandosi una ferita nonché mettendo in pericolo l’incolumità dei colleghi presenti.
Il dipendente, inquadrato come operaio installatore reti TLC, aveva ricevuto una contestazione disciplinare articolata in più episodi, tra cui:
Secondo la società, tale condotta integrava violazione dei doveri contrattuali, del Codice Etico aziendale e delle disposizioni del CCNL, determinando anche danni materiali e disagi organizzativi.
Il lavoratore aveva negato la ricostruzione fornita dalla datrice di lavoro, sostenendo di essere scivolato accidentalmente. La contestazione si era conclusa con il licenziamento per giusta causa.
Il dipendente aveva impugnato il licenziamento sostenendo:
Il lavoratore chiedeva, in via principale, la reintegra nel posto di lavoro ex art. 18, comma 4, Statuto dei lavoratori, o in subordine la corresponsione dell’indennità risarcitoria prevista dalla medesima norma.
Il Tribunale di primo grado aveva respinto il ricorso del lavoratore, ritenendo giustificato il licenziamento sulla base del solo episodio accertato, relativo al danneggiamento della porta degli spogliatoi. Tale condotta, valutata nella sua oggettiva gravità, era stata considerata sufficiente a integrare una giusta causa di recesso.
Le ulteriori contestazioni mosse dalla datrice di lavoro erano state invece giudicate insussistenti o prive di rilievo disciplinare.
La Corte di Appello ha dichiarato improcedibile l’appello incidentale della società per difetto di notifica e ha rigettato integralmente l’appello principale del lavoratore, confermando la decisione di primo grado.
I giudici di gravame hanno motivato la propria decisione richiamando una serie di elementi oggettivi emersi nel corso dell’istruttoria.
In primo luogo, hanno valorizzato la coerenza delle testimonianze rese dai colleghi presenti al momento dell’accaduto, ritenute attendibili e sufficienti a dimostrare la volontarietà del gesto compiuto dal lavoratore, consistente nel colpire con un pugno il vetro della porta degli spogliatoi aziendali.
La condotta è stata considerata non conforme ai doveri di diligenza, correttezza e collaborazione che, ai sensi dell’articolo 2104 del codice civile e del contratto collettivo applicabile, devono caratterizzare la prestazione lavorativa subordinata.
La Corte ha inoltre ritenuto che lo stato soggettivo di disagio o irritazione manifestato dal lavoratore non fosse supportato da elementi idonei a giustificare il comportamento, non essendo emerse circostanze esterne o provocazioni immediatamente antecedenti all’episodio.
Infine, è stato rilevato che l’azione aveva determinato conseguenze sul piano organizzativo e della sicurezza aziendale, rendendo necessario l’intervento sanitario e l’interdizione temporanea dei locali spogliatoio per consentirne la pulizia e la messa in sicurezza.
In tale contesto, la ricostruzione difensiva del lavoratore (scivolamento accidentale) è stata ritenuta implausibile, contraddittoria e non supportata da alcuna prova oggettiva. In particolare, la posizione del vetro sulla parte superiore della porta escludeva compatibilità con una caduta.
Nella decisione, la Corte ha altresì richiamato il principio secondo cui, in presenza di una pluralità di addebiti, la sussistenza anche di uno solo di essi, se grave, è sufficiente a giustificare la sanzione espulsiva, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità.
La Corte ha quindi sottolineato che:
Il dipendente, in altri termini, aveva manifestato una sostanziale indifferenza al rispetto dei propri obblighi (civili oltre che lavorativi), nonché delle cose e delle persone, mettendo a repentaglio anche l'incolumità dei colleghi presenti.
In definitiva, è stato ravvisato un grave inadempimento ex art. 2119 c.c., tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario.
La Corte ha dichiarato improcedibile l’appello incidentale della società e rigettato quello principale del lavoratore. Le spese di lite sono state compensate per metà, con condanna del lavoratore al pagamento della restante parte. È stato inoltre disposto il versamento del doppio del contributo unificato previsto per legge.
La pronuncia della Corte di Appello di Napoli si pone in linea con l’orientamento recentemente confermato dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 17548 del 30 giugno 2025), la quale ha ribadito che la valutazione della gravità del comportamento contestato e della proporzionalità della sanzione espulsiva rientra nella discrezionalità del giudice di merito, alla luce delle circostanze del caso concreto.
In tale ordinanza, la Suprema Corte ha escluso la legittimità di un licenziamento disciplinare irrogato a seguito di un episodio isolato di perdita di controllo, non accompagnato da danni effettivi, condotte violente o insubordinazione, valorizzando altresì la previsione contrattuale che limitava la sanzione a misure conservative.
Anche la Corte partenopea, pur accertando la sussistenza materiale della condotta (gesto violento contro una porta in vetro), ha operato una valutazione rigorosa della sua rilevanza disciplinare, concludendo tuttavia per la legittimità del licenziamento, in considerazione della pericolosità dell’azione e della compromissione del vincolo fiduciario.
I due arresti, pur giungendo a conclusioni differenti, evidenziano un principio comune: la centralità dell’analisi concreta del fatto e del contesto in cui esso si inserisce, unitamente al rispetto delle previsioni del contratto collettivo applicabile.
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