Divieto assoluto di apparecchiature per il gioco online nei pubblici esercizi: la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità della norma.
Con la sentenza n. 104 del 10 luglio 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, comma 3-quater, del Decreto legge 13 settembre n. 158/2012 (cosiddetto decreto Balduzzi).
Tale norma vieta, presso qualsiasi pubblico esercizio, la messa a disposizione di apparecchiature che, tramite connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco online, indipendentemente dal fatto che tali piattaforme siano lecite o meno.
La Consulta ha ritenuto che la disposizione censurata sia viziata da irragionevolezza e difetto di proporzionalità, in quanto eccessivamente ampia.
Essa, infatti, colpisce indiscriminatamente tutte le apparecchiature telematiche (PC, tablet, dispositivi mobili), anche se non destinate in via esclusiva al gioco, e non distingue tra condotte di diverso disvalore.
Di conseguenza, è stata dichiarata incostituzionale anche la sanzione amministrativa fissa di 20.000 euro prevista dall’art. 1, comma 923, della legge n. 208/2015 (Legge di stabilità 2016), per la violazione del suddetto divieto.
Divieto troppo esteso
Per la Consulta, la norma, pur perseguendo una finalità legittima quale la prevenzione della ludopatia, risulta formulata in termini assoluti e non tiene conto della varietà delle situazioni concrete.
Il divieto, infatti, colpisce in egual misura:
L’impatto sui diritti costituzionali
Secondo la Corte, l’art. 7, comma 3-quater, del D.L. n. 158/2012 viola gli articoli 3, 41, 42 e 117, primo comma, della Costituzione, in combinato disposto con:
In particolare, la norma compromette in modo sproporzionato la libertà d’impresa, impone responsabilità oggettive e limita il diritto alla riservatezza degli utenti, senza una valutazione del disvalore concreto delle condotte.
Disciplina sanzionatoria: illegittima la sanzione in misura fissa
L’art. 1, comma 923, della legge n. 208/2015, come detto, prevede una sanzione amministrativa fissa di 20.000 euro, senza margini di modulazione in funzione della gravità effettiva dell’infrazione.
Questa rigidità sanzionatoria è stata ritenuta contraria al principio di proporzionalità, come già affermato dalla giurisprudenza costituzionale nelle sentenze n. 185/2021 e n. 112/2019.
Per la Corte, una simile sanzione, indifferenziata e predeterminata, risulta particolarmente penalizzante per i piccoli imprenditori, come i gestori di internet point, e non consente una risposta calibrata rispetto alla condotta concreta (es. numero di dispositivi, tipologia di piattaforma, conoscenza o meno del fatto da parte dell’esercente).
Il ruolo del legislatore dopo la pronuncia
La Corte Costituzionale, infine, ha invitato esplicitamente il Parlamento a intervenire per adottare nuove misure di contrasto alla ludopatia, in modo coerente, proporzionato e rispettoso dei diritti costituzionali.
La sentenza n. 104/2025 annulla ogni divieto di gioco online nei pubblici esercizi?
No. Annulla solo il divieto assoluto previsto dall’art. 7, comma 3-quater, del D.L. n. 158/2012. Restano valide le norme che regolano il gioco d’azzardo legale e puniscono l’offerta non autorizzata.
Qual è la sanzione oggi applicabile ai pubblici esercizi che consentono il gioco online?
Dopo la sentenza, non si applica più la sanzione fissa di 20.000 euro. Tuttavia, restano vigenti altre sanzioni per violazioni specifiche, come quelle relative al gioco illegale o alla presenza di minori.
Cosa devono fare gli esercenti per mettersi in regola dopo la pronuncia della Corte costituzionale?
È consigliabile:
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