Il contratto di agenzia costituisce il documento fondamentale che disciplina il rapporto tra mandante e agente, definendo con precisione l’area di competenza, la misura della provvigione e tutti gli elementi essenziali per garantirne una corretta esecuzione.
È obbligatorio redigerlo in forma scritta, e ciascuna parte ha il diritto di ricevere una copia debitamente sottoscritta da tutte le parti coinvolte. Qualsiasi modifica rispetto al contratto originario deve essere comprovata per iscritto.
Il contratto di agenzia può cessare:
Il rapporto di agenzia si formalizza mediante la stipula di un contratto che instaura obblighi e diritti reciproci tra le parti.
In particolare, l’agente è tenuto a promuovere, in cambio di un corrispettivo, la conclusione di contratti in una specifica area territoriale per conto dell’azienda preponente. All’agente spetta il diritto di percepire la provvigione pattuita, generalmente calcolata come una percentuale sul valore di ciascun affare concluso. Il contratto può essere a tempo determinato o indeterminato.
Un elemento imprescindibile del rapporto di agenzia è la natura stabile, ossia sistematica e continuativa, dell’attività promozionale svolta dall’agente nell’interesse del preponente.
Il contratto di agenzia può essere risolto per inadempimento da parte di una delle due parti, inteso come il venir meno a uno o più obblighi contrattualmente previsti dall’obbligato.
In tali circostanze si applicano i principi generali sanciti dall’ordinamento giuridico italiano, secondo cui qualora una delle parti contraenti non ottemperi alle obbligazioni assunte e tale inadempienza non sia di lieve entità, l’altra parte ha il diritto di risolvere immediatamente il contratto senza necessità di preavviso, tutelando così i propri interessi e limitando eventuali danni, oltre a poter richiedere il risarcimento degli stessi.
Si ritiene opportuno precisare che per “lieve entità” si intende quanto previsto dall’articolo 1455 del Codice Civile, che così dispone: “Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra”.
Il rapporto di agenzia, analogamente a quello di lavoro subordinato, è regolato dal diritto di recesso previsto dall’art. 2119 del codice civile. Tale analogia tra i due istituti si fonda sul carattere fiduciario che li contraddistingue entrambi, considerazione supportata anche dalla giurisprudenza prevalente, la quale riconosce l’applicabilità di tale disciplina sia al recesso esercitato dal committente sia a quello dell’agente.
Va osservato che una parte della giurisprudenza ritiene applicabile all’istituto del recesso:
Tale convinzione si basa sul presupposto che la valutazione debba essere effettuata dal giudice di merito secondo i principi generali che disciplinano la risoluzione per inadempimento.
Di conseguenza, si ritiene che il concetto di giusta causa previsto dall’art. 2119 del codice civile possa trovare applicazione anche in questo contesto, nonostante le differenze sostanziali nella natura giuridica dei due contratti (contratto di agenzia e contratto di lavoro subordinato), rimettendo al giudizio del magistrato la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti.
Si sostiene, pertanto, che il recesso contemplato dall’art. 2119 del codice civile, torni applicabile anche al contratto di agenzia, tenendo tuttavia presente che in tale ambito la valutazione del rapporto fiduciario, considerata la maggiore autonomia operativa e gestionale dell’agente o del rappresentante, assume un rilievo superiore rispetto al lavoro subordinato; ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso per giusta causa, è sufficiente il verificarsi di un fatto di minore entità.
Articolo 2119, c.c.: “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità indicata nel secondo comma dell'articolo precedente. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell'impresa. Gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza”. |
La giurisprudenza di legittimità, più volte chiamata a valutare la sussistenza del presupposto della giusta causa, ha progressivamente sviluppato una serie di criteri per la validità del recesso.
A titolo esemplificativo, si elencano di seguito le ipotesi più ricorrenti:
Alla risoluzione del contratto per giusta causa seguono effetti diversi in funzione del soggetto attivo:
Nel caso in cui il contratto si risolva per una colpa attribuibile a entrambe le parti, sarà indispensabile individuare chi abbia inizialmente violato le disposizioni contrattuali e valutare la gravità delle rispettive condotte.
Spesso, in tali circostanze, emerge la volontà condivisa delle parti di non proseguire oltre nel rapporto, conformemente al mutuo consenso previsto dall’articolo 1372 del codice civile (“Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”).
In tali circostanze, si determina la perdita, da parte dell’agente, del diritto al preavviso e delle indennità di fine rapporto.
Conclusioni
Il rapporto di agenzia, pur caratterizzato da specifiche peculiarità, è assimilabile al rapporto di lavoro subordinato ai fini della risoluzione per giusta causa, ritenendo pertanto applicabile anche ad esso quanto previsto dall’art. 2119 del Codice Civile. Tuttavia, la differenza sostanziale nella natura giuridica dei due contratti rende necessario l’intervento del giudice per accertare la sussistenza dei presupposti normativi richiesti.
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