I tributi recuperati rimangono in Sicilia

Pubblicato il 22 aprile 2011 La Corte costituzionale, con la sentenza n. 152 del 21 aprile 2011, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 6, del Decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, contenente “Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali”, nonché dell'articolo 3, comma 2-bis, dello stesso Decreto, nelle parti in cui rispettivamente stabiliscono che, anche con riferimento a crediti d'imposta inerenti a tributi che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio della Regione siciliana, le entrate derivanti dal recupero dei crediti d'imposta “sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario”, e che “le maggiori entrate derivanti dal presente comma affluiscono al fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, per essere destinate alle esigenze di finanziamento delle missioni internazionali di pace”.

Per la Consulta, la prima norma censurata, oltre ad arrecare un pregiudizio economico alla Regione, violerebbe le attribuzioni finanziarie di quest'ultima, determinando una sostituzione di una entrata spettante alla Regione, con un'altra, neppure nuova, assegnata allo Stato per proprie e preesistenti finalità, senza considerare le riconosciute spettanze della Regione siciliana sul gettito in questione, relativo a quanto riscosso sul proprio territorio.

Con riferimento all'articolo 3 del Decreto – continua la Corte - la previsione della esclusiva destinazione a fondi erariali del gettito derivante dalla definizione agevolata di tali controversie inerenti alla contestazione di tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale, si porrebbe in contrasto con il principio di cui all'art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 “non potendo peraltro neppure ritenersi che le entrate derivanti dalla richiamata definizione agevolata delle controversie tributarie siano “entrate nuove”.
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