Il commercialista che aderisce al concordato non paga la Cassa sul presunto

Pubblicato il 14 aprile 2011 Con la sentenza n. 8464, depositata il 13 aprile 2011, la Sezione lavoro della Cassazione interviene in tema di concordato fiscale e contributi previdenziali. Il caso riguarda un commercialista iscritto alla propria Cassa di previdenza che ha aderito al concordato fiscale preventivo biennale nel 2003.

Nel merito, la Corte spiega che tale adesione fa sì che la Cassa professionale non possa chiedere, ex articolo 33 della legge 326/2003, contributi previdenziali sul maggior reddito presunto (rispetto a quello concordato con il Fisco). La regola detta: “sul reddito che eccede quello minimo determinato secondo le modalità di cui al comma 4 non sono dovuti contributi previdenziali per la parte eccedente il minimale reddituale”.

Altra questione risolta è quella relativa all’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse: il professionista ricorreva contro i comunicati della Cassa che forniscono istruzioni sui modelli dichiarativi, in assenza di qualsiasi richiesta di pagamento da parte della Cassa. In proposito, nella sentenza di Cassazione si legge: “l'interesse ad agire è un requisito della domanda consistente nell'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice e, nelle azioni di mero accertamento, presuppone uno stato di incertezza oggettiva in ordine alla sussistenza di un diritto, senza che sia però necessaria la sua attuale lesione, e ciò quand'anche la contestazione al riguardo risulti a seguito della proposizione del giudizio”. Pertanto, il ricorso è ammissibile, poiché è irrilevante che al momento dello stesso non sia stata avanzata ancora una richiesta di pagamento.
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