Il curatore fallimentare è terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito

Pubblicato il 22 febbraio 2013 Le Sezioni unite civili di Cassazione, con la sentenza n. 4213 del 20 febbraio 2013, si sono pronunciate con riferimento alla questione relativa alla qualificazione – come parte o terzo - della posizione del curatore fallimentare.

I giudici del massimo Collegio di legittimità, in particolare, hanno sottolineato come, per orientamento giurisprudenziale ormai costante, occorre ritenere che, ai fini della delibazione della domanda di ammissione al passivo del fallimento proposta dal creditore, il curatore è da considerare terzo rispetto agli atti compiuti dal fallito.

E’ infatti incontestabile – continua la Corte – che il curatore, il quale non è successore del fallito, non ha preso parte al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere in sede di ammissione ed è dunque da considerare terzo rispetto ad esso.

Così, in sede di verifica dei crediti ed ai fini della determinazione della data di scritture private, deve ritenersi pienamente operativo il primo comma dell’articolo 2704 del Codice civile. Ed infatti – concludono le Sezioni unite - "nei confronti del creditore che propone istanza di ammissione al passivo del fallimento, in ragione di un suo preteso credito, il curatore è terzo e non parte, circostanza da cui discende l’applicabilità dei limiti probatori indicati dall’articolo 2074 del codice civile”.
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