Il diritto al ristoro del danno da perdita della vita si acquisisce istantaneamente

Pubblicato il 24 gennaio 2014 Con una corposissima sentenza, la n. 1361 del 23 gennaio 2014, la Terza sezione civile della Cassazione si è pronunciata in materia di danno da perdita della vita nell'ambito di una causa relativa al risarcimento dei danni spettanti agli eredi di un uomo che, a seguito della perdita della moglie dovuta ad un sinistro stradale, si era poi suicidato in conseguenza della depressione che lo aveva colpito proprio per la morte della consorte.

Il danno da perdita della vita quale bene supremo dell'individuo – si legge nel testo della sentenza – è oggetto di un diritto assoluto e inviolabile garantito in via primaria da parte dell'ordinamento, anche sul piano della tutela civilistica; detto danno è altro e diverso, in ragione del divieto del bene tutelato, dal danno alla salute, e si differenzia dal danno biologico terminale e dal danno morale terminale della vittima, “rilevando ex se nella sua oggettività di perdita del principale bene dell'uomo costituito dalla vita, a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia, e dovendo essere ristorato anche in caso di morte immediata o istantanea”.

Ed infatti, il diritto al ristoro del danno da perdita della vita si acquisisce dalla vittima istantaneamente al momento della lesione mortale, e quindi anteriormente all'exitus, costituendo ontologica, imprescindibile eccezione al principio dell'irrisarcibilità del danno-evento e della risarcibilità dei soli danni-conseguenza.

Detto danno – conclude la Cassazione – è imprescindibilmente rimesso alla valutazione equitativa del giudice. Il relativo ristoro, infine, ha funzione compensativa ed è trasmissibile iure hereditatis.
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