Il riscatto del fondo complementare non è accolto se alimentato solo dall’azienda con prestazioni indivise calcolate con criteri attuariali

Pubblicato il 08 marzo 2010

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4369/2010, ha appoggiato la posizione di un istituto di credito che aveva negato il pagamento a titolo di riscatto della posizione individuale nel fondo di trattamento integrativo aziendale (Tia), maturata nel momento delle dimissioni di alcuni suoi ex dipendenti. Per la banca il pagamento del riscatto non poteva aver luogo, dato che il fondo Tia è gestito a “prestazioni definite e non a contribuzione definita”. Pertanto, era impossibile far emergere le singole posizioni individuali da riscattare.

La Corte, accogliendo il ricorso presentato dalla banca, ha ribadito che la Tia non prevede posizioni individuali soggette a capitalizzazione, né il lavoratore partecipa allo stazionamento del fondo (è la banca che ogni anno stanzia una somma da portare al passivo del bilancio). Inoltre, il fondo è costituito da accantonamenti indivisi determinati secondo criteri attuariali. Sulla base di tutte queste osservazioni non si può far altro che negare l’ipotesi del riscatto individuale di alcune posizioni complementari maturate all’atto delle dimissioni, avvenute prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 124/1993.

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