Inapplicata la condanna pecuniaria per omesso deposito di copia di “cortesia”

Pubblicato il 20 febbraio 2015 Non ha trovato applicazione la pronuncia depositata solo pochi giorni fa - ma che ha già suscitato tanto scalpore - con cui il Tribunale di Milano, nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo di un fallimento, condannava parte opponente al pagamento di cinquemila euro, ex art. 96 comma 3 c.p.c., per aver il suo difensore depositato la memoria conclusiva solo in via telematica, senza contestualmente consegnare copia cartacea c.d. di “cortesia”.

Tale condanna si basava sulla rilevata violazione del Protocollo (sezione A, punto n. 3) siglato il 26 giugno 2014 tra lo stesso Tribunale e l’Ordine degli Avvocati di Milano, in cui si richiede, per l’appunto, che i difensori provvedano al deposito cartaceo di determinate memorie, ad uso esclusivo del giudice.

Il fallimento, come parte in favore della quale tale condanna era stata disposta, ha tuttavia rinunciato ad avvalersi del relativo capo della sentenza, anche per prevenire la prosecuzione del giudizio in Cassazione, con esito senz’altro incerto.

Il Giudice Delegato, a sua volta, ha approvato tale rinuncia, rilevando come in tal caso “la pronuncia ex art. 96 comma 3 c.p.c. appaia fondata su un principio opinabile, ritenendo obbligo dell’avvocato, quello che potrebbe configurarsi come atto di cortesia”.

Data la forte risonanza mediatica della pronuncia in questione, lo stesso Presidente del Tribunale ne ha formalmente preso le distanze, con lettera del 19 febbraio 2015.

Dopo aver innanzitutto ribadito l’adesione generale al menzionato Protocollo, volto a garantire la piena collaborazione tra il Tribunale ed il Foro, ha tuttavia rilevato come appaia inaccettabile ricorrere a sanzioni processuali pecuniarie, per sopperire alle difficoltà ed alle incertezze proprie di un intervento così ampio ed innovativo quale, per l’appunto, il Processo civile telematico.
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