Interesse di difesa in giudizio? Accesso a email del dipendente non giustificato

Pubblicato il 17 marzo 2023

Il legittimo interesse del datore alla difesa di un proprio diritto in giudizio non annulla il diritto dei lavoratori alla protezione dei dati personali.

Il Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento n. 8 dell'11 gennaio 2023 (di cui ha dato notizia nella newsletter del 15 marzo 2023), ha sanzionato un'azienda per aver effettuato un illecito trattamento dei dati personali, consistito nell’accesso all’account di posta elettronica di una collaboratrice, con inoltro ad altro account delle comunicazioni in entrata sull’account individualizzato a questa assegnato durante l'intercorsa collaborazione.

La società, di fatto, aveva preso visione delle comunicazioni elettroniche relative all’account assegnato alla reclamante, esponente di una cooperativa, per come era emerso dall’esame delle dichiarazioni della medesima e di alcune e-mail prodotte nel giudizio successivamente instaurato tra le parti.

Il contenzioso, in particolare, era scaturito dal fatto che la collaboratrice, prima che si definisse il rapporto con la società, aveva raccolto, a nome dell’azienda stessa e tramite la casella di posta elettronica aperta per l’occasione, i riferimenti di potenziali clienti incontrati a una fiera, riferimenti che erano stati poi contattati a nome della cooperativa.

Azienda multata per illecito accesso a email del lavoratore

Secondo l'Autority, né l’esigenza di mantenere i rapporti con i clienti né l’interesse a difendere un proprio diritto in giudizio, erano elementi tali da configurare un idoneo criterio di legittimazione del trattamento dei dati posto in essere.

Il legittimo interesse a trattare dati personali per difendere un proprio diritto in giudizio, infatti, non annulla il diritto dei lavoratori alla protezione dei dati personali, soprattutto se riguarda una forma di corrispondenza, come i messaggi di posta elettronica, la cui segretezza è tutelata anche costituzionalmente.

Ai fini di un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco, a ben vedere, sarebbe stato sufficiente attivare un sistema di risposta automatico, con l’indicazione di indirizzi alternativi da contattare, senza prendere visione delle comunicazioni in entrata sull’account.

Nel corso del procedimento, invece, era emerso che l’azienda, titolare del trattamento, non aveva fornito all’interessata né idoneo riscontro alla richiesta di cancellazione della casella e-mail né l’informativa sul trattamento dati.

Di alcun rilievo, in tale contesto, la circostanza che il contratto di assunzione non fosse stato ancora firmato: nell’ambito di trattative precontrattuali, l’obbligo di informare gli interessati è espressione del principio generale di correttezza.

Da qui l'irrogazione, da parte del Garante Privacy, di una sanzione amministrativa pecuniaria.

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