La Cassazione sull'aggravante di odio razziale

Pubblicato il 13 giugno 2013 Con sentenza n. 25870 del 12 giugno 2013, la Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano condannato per ingiuria e violenza privata un ragazzo che aveva più volte preso di mira un compagno di scuola nigeriano chiamandolo, abitualmente, “negro di m...”; all'imputato era stata, altresì, posta a carico l'aggravante dell'odio razziale nonché una provvisione per il risarcimento.

I giudici di legittimità si sono, in particolare, soffermati sull'aggravante contestata al ragazzo; la stessa – si legge nel testo della decisione - è da ritenersi integrata quando l'azione si rapporti, nell'accezione corrente, al pregiudizio manifesto di inferiorità di una razza, non essendo necessario che la condotta incriminata sia destinata o, quanto meno, potenzialmente idonea a rendere percepibile all'esterno e quindi a suscitare il riprovevole sentimento o, comunque, il pericolo di comportamenti discriminatori o di atti emulatori, “anche perché ciò comporterebbe l'irragionevole conseguenza di escludere l'aggravante in questione in tutti i casi in cui l'azione lesiva si svolgesse in assenza di terze persone”.
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