La Cassazione sull'applicazione dell'aggravante dell'ingente quantità

Pubblicato il 13 luglio 2011 La Corte di cassazione, con la sentenza n. 27128 del 12 luglio 2011, ha accolto il ricorso con cui un uomo, condannato per spaccio di stupefacenti, aveva chiesto una riduzione di pena non ritenendo applicabile, nei propri confronti, l'aggravante dell'ingente quantità.

Secondo la Suprema corte, in particolare, “tenuto conto del pericolo per la salute pubblica che informa le disposizioni incriminatrici in materia di sostanze stupefacenti, può definirsi ingente la quantità di sostanza tossica (che) superi notevolmente, con accento di eccezionalità, la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell'ambito territoriale nel quale il giudice di fatto opera, così da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili e conseguentemente un incremento del pericolo per la salute pubblica”. In tale contesto – si legge nel testo della decisione di legittimità – la relativa valutazione, costituente un apprezzamento di fatto, deve essere necessariamente rimessa ai giudice dei merito, “il quale è in grado di formarsi una esperienza fondata sul dato reale presente nella comunità nella quale vive”.

In ogni caso, stando a dati di comune esperienza “non possono di regola definirsi "ingenti" quantitativi di droghe "pesanti" (in particolare, tra le più diffuse, (eroina e cocaina) che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe "leggere" (in particolare hashish e marijuana) che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo non superino i cinquanta chilogrammi”.
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