Il diritto alla detrazione IVA non può essere negato se il contribuente prova la realtà dell’operazione e possiede la relativa fattura regolarmente annotata, anche senza fornire prova del pagamento.
Lo ha puntualizzato la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con ordinanza n. 27238 depositata l’11 ottobre 2025, riaffermando un principio di rilievo per il diritto tributario: la prova del pagamento non è condizione necessaria per il riconoscimento del diritto alla detrazione IVA.
Il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto trova fondamento negli articoli 19 e seguenti del D.P.R. n. 633/1972 e nella Direttiva 2006/112/CE, che sanciscono il principio di neutralità dell’imposta armonizzata.
Tale principio garantisce che l’IVA non costituisca un costo effettivo per gli operatori economici che effettuano operazioni imponibili.
La Cassazione interviene per chiarire l’ambito applicativo di tale principio, in particolare nei casi di dichiarazioni tardive o omesse in cui l’Amministrazione finanziaria tende a disconoscere crediti IVA formalmente irregolari ma sostanzialmente fondati.
I fatti
L’Agenzia delle Entrate aveva emesso una cartella di pagamento per l’anno d’imposta 2012, con cui disconosceva un credito IVA di 73.701 euro, ritenendo omessa la dichiarazione annuale poiché presentata oltre i novanta giorni previsti.
Le decisioni dei giudici di merito
Sia la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Crotone, sia quella di secondo grado della Calabria, avevano rigettato il ricorso del contribuente, ritenendo non provata l’esistenza del credito IVA in mancanza della dimostrazione del pagamento delle fatture.
Il ricorso per Cassazione
Il contribuente ha impugnato la sentenza, sostenendo che il diritto alla detrazione non può essere negato in presenza di documentazione contabile regolare e fatture registrate, anche se la dichiarazione annuale è stata tardiva o omessa.
Richiamando la Direttiva 2006/112/CE (artt. 167 e 178) e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Cassazione ha ribadito che il diritto alla detrazione nasce quando:
La mancanza di uno di questi elementi può impedire la detrazione; tuttavia, la prova del pagamento non rientra tra le condizioni previste.
Secondo la Corte, subordinare la detrazione all’effettivo pagamento della fattura introdurrebbe un terzo requisito non previsto dal diritto unionale, alterando il principio di neutralità dell’IVA.
Il pagamento, infatti, attiene al rapporto obbligatorio tra le parti e non alla realizzazione del presupposto impositivo.
L’onere probatorio, in tale contesto, incombe sul contribuente (art. 2697 c.c.), che deve dimostrare:
Tali elementi, se provati, sono sufficienti per legittimare la detrazione, anche in assenza di documentazione bancaria.
Di seguito, il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte:
"II diritto alla detrazione non può essere negato quando il soggetto passivo che lo fa valere in giudizio dimostra il presupposto sostanziale dell'effettuazione della cessione di beni o prestazione di servizi e dà prova del requisito formale, attraverso la pertinente valida fattura d'acquisto annotata nei registri IVA, mentre non è necessaria la prova del pagamento".
La Corte di Cassazione, in definitiva, ha:
La Cassazione, con l'ordinanza n. 27238/2025, consolida un principio di equilibrio tra tutela della neutralità dell’IVA e rigore probatorio.
La pronuncia conferma che l’ordinamento tributario non può imporre formalismi eccessivi in contrasto con il diritto unionale: la sostanza economica dell’operazione prevale sulle mere irregolarità formali.
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