L’art. 19, comma 4 del D.lgs. n. 81/15 novellato prevede che, salvi i rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto. Quest’ultimo deve essere consegnato dal datore di lavoro al lavoratore “entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione”. La disposizione non muta significativamente il quadro normativo precedente. Immutate appaiono anche le conseguenze correlate all’inosservanza dell’obbligo di forma: trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
Da non confondere l’onere di apposizione del termine in forma scritta, che va osservato all’atto della stipula del contratto, con l’obbligo di consegna al lavoratore dell’atto scritto; obbligo che va adempiuto, non contestualmente alla firma del contratto, ma entro il termine di cinque giorni.
L’inosservanza dell’obbligo di consegna dell’atto scritto può sussumersi nella fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 4 bis primo periodo comma 2 D.lgs. n. 181/2000, come modificato dall’art. 6 comma 1 del D.lgs. n. 297/02 e successivamente modificato dall’art. 5 comma 3 lettere a) e b) della L. n. 183/2010. In sede ispettiva tale fattispecie è soggetta alla procedura di diffida ex art. 13 D.lgs. n. 124/04 (omessa consegna della lettera di assunzione).
Preliminarmente si osserva che la durata del primo contratto a tempo determinato è stata contenuta in un termine di dodici mesi. Ciò significa che per tale lasso temporale le imprese possono concludere contratti a termine senza la necessità di specificare le ragioni poste alla base dell’assunzione del dipendente (c.d. contratto acausale).
Qualora tuttavia le parti intendano proseguire la propria relazione negoziale con contratto a tempo determinato, il termine di durata del rapporto non potrà comunque eccedere, non più i trentasei mesi, bensì i ventiquattro mesi. Tale facoltà tuttavia non è libera, ma è condizionata alternativamente alla sussistenza di.
Allorché il datore di lavoro sia tenuto a rispettare le predette condizioni queste ultime devono essere specificate in forma scritta nel contratto di lavoro. In linea di massima si può dire che il D.L. n. 87/18 ha reintrodotto la regola dell’obbligo di specificazione della causale, previste sotto la vigenza del D.lgs. n. 368/01.
In base a quanto prevede l’art. 19 comma 1 bis del D.lgs. n. 81 cit., l’assenza delle condizioni sopra descritte comporta la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato “a decorrere dalla data di superamento del termine di dodici mesi”.
Medesime conseguenze si applicano anche qualora le condizioni predette non vengano specificate dalle parti per iscritto, attesa a tal fine la previsione introdotta dalla L. n. 97/18, che ha novellato l’art. 21 comma 1 del D.lgs. n. 81 cit..
In sede di ispettiva il personale procederà a diffidare il datore di lavoro a inviare la comunicazione UNILAV di trasformazione al Servizio per l’Impiego e a consegnare al dipendente la lettera di assunzione. La stabilizzazione del dipendente nella compagine aziendale avrà effetti ai fini del computo del personale in forza per l’applicazione dei vari istituti di legge e di contratto.
In merito alla trasformazione occorre procedere a una differenziazione a seconda dell’atto che ha generato il superamento del termine di dodici mesi.
Recita l’art. 21 comma 1 novellato: “Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1 […]”.
In base all’esegesi letterale della previsione sembra possa sostenersi che le proroghe del contratto, non più di quattro, ove contengano la durata del rapporto di lavoro entro il termine di dodici mesi, potranno essere pattuite dalle parti senza causale. Ci si potrebbe chiedere quale sia il regime normativo per l’atto di proroga che, quantunque concluso entro il termine di dodici mesi, preveda la prosecuzione del rapporto oltre il periodo annuale (esemplificativamente: proroga del rapporto di quattro mesi conclusa a due mesi dello spirare del termine annuale). In tal caso pare aderente alla ratio dell’impianto normativo sostenere che l’atto di proroga sia sottoposto al regime della causalità. Diversamente opinando le parti potrebbero pattuire un contratto a termine acausale di durata inferiore all’anno per poi pattuire a ridosso della scadenza convenuta, un proroga del rapporto per altri dodici mesi, aggirando in tal modo all’obbligo di specificazione di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 81 cit..
Differenza ulteriore si riscontra per la disciplina del rinnovo del contratto. L’incipit dell’art. 21 del D.lgs. n. 81 cit., stabilisce in maniera perentoria che per l’instaurazione di un nuovo rapporto a termine occorre il rispetto delle condizioni che consentono il superamento del termine di dodici mesi. Contrariamente a quanto previsto per la disciplina della proroga la norma non contiene nessun riferimento al regime della acausalità infra-annuale. Ergo, in applicazione del brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, qualsiasi rinnovo, ancorché contenuto nel termine annuale, deve specificare le ragioni di cui all’art. 19 del D.lgs. n. 81 cit.. Corollario di tale prospettiva è che tale onere dovrà essere osservato anche per le proroghe, ancorché di durata inferiore a dodici mesi, che siano riconducibili ad una nuova assunzione.
Alle regole sopra esposte restano sottratti i contratti per attività stagionali, i quali, come prevede lo stesso art. 21 comma 1 “possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”.
Vale infine osservare che il D.L. n. 87 cit. è intervenuto a modificare la disciplina prevista dal D.lgs. n. 81 cit., in ordine al contratto a tempo indeterminato e quindi le nuove regole riguardino esclusivamente tale fattispecie negoziale con esclusione di istituti come tirocini, contratti di collaborazione e contratti intermittenti. Conseguentemente se un lavoratore abbia avuto in precedenza un’esperienza lavorativa con contratto intermittente tale periodo lavorativo non dovrà essere computato qualora il predetto stipuli con il medesimo datore un contratto a termine come disciplinato dal D.L. n. 87 cit.
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