La prestazione del convivente more uxorio nell’impresa familiare

Pubblicato il 27 marzo 2012 Tizia è titolare e gestrice dell’omonima ditta individuale esercente attività di pizzeria e dall’anno 2000 convive, senza essere sposata, con il proprio partner Caio. Quest’ultimo risulta occupato come dipendente presso altra società. Nell’anno 2008 la pizzeria incrementa la propria attività e Tizia chiede a Caio di venire all’occorrenza in pizzeria per servire ai tavoli e per sistemare il locale prima dell’orario di chiusura. Caio accetta volentieri con la prospettiva di aumentare i guadagni. L’occupazione di Caio tuttavia non viene comunicata alla Pubblica Amministrazione. Al convivente more uxorio, però, non può essere applicata la disciplina prevista per il collaboratore familiare in quanto deve essere trattato analogamente a qualsiasi altro lavoratore. Caio potrà in ogni caso dimostrare che l’attività resa costantemente per oltre tre anni in favore di Tizia non avesse rilevanza significativa ed essenziale sul contenuto produttivo dell’impresa e più in generale non fosse qualificabile come prestazione lavorativa ma semplice apporto reso per obblighi squisitamente morali e solidaristici.
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