La reciprocità delle condotte non esclude lo stalking

Pubblicato il 15 novembre 2013 La Terza sezione penale di Cassazione, con la sentenza n. 45648 depositata il 14 novembre 2013, ha respinto il ricorso presentato da un uomo che, nelle fasi di merito, era stato condannato per i reati di atti persecutori e violenza sessuale.

Il ricorrente si era opposto alla pronuncia della Corte d'appello sostenendo, tra le altre ragioni, che la condotta di atti persecutori doveva essere esclusa in quanto di per sé in posizione antinomica con quello che era stato il contegno della persona offesa, una donna che aveva ricercato, in più occasioni, un contatto con lui, anche dopo che l'uomo aveva posto in essere le asserite condotte minacciose o aggressive.

Questa situazione di “reciprocità”, tuttavia, non è stata ritenuta dai giudici di legittimità di portata tale da escludere in radice la possibilità del rilievo penale delle condotte come persecutorie ex articolo 612 bis del Codice penale, “occorrendo che venga valutato con maggiore attenzione ed oculatezza, quale conseguenza del comportamento di ciascuno, lo stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, o il suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone a lei vicine o la necessità del mutamento delle abitudini di vita”.

Per la Corte va, infatti, verificato, in ultima analisi, se, nel caso della reciprocità degli atti minacciosi, sussista una posizione di “ingiustificata predominanza” di uno dei due contendenti, “tale da consentire di qualificarne le iniziative minacciose e moleste come atti di natura persecutoria e le reazioni della vittima come esplicazione di un meccanismo di difesa volto a sopraffare la paura”.
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