Lavoro intermittente: dall'INL chiarimenti sulla nuova disciplina

Pubblicato il 14 luglio 2025

Il contratto di lavoro intermittente, disciplinato attualmente dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, rappresenta uno strumento normativo flessibile pensato per soddisfare esigenze temporanee e saltuarie dei datori di lavoro. Questa forma contrattuale prevede che un lavoratore si obblighi a mettere a disposizione le proprie energie lavorative solo su chiamata del datore di lavoro, con prestazioni che possono essere effettivamente rese solo in determinati periodi e secondo modalità non continuative.

Il contratto può essere stipulato:

Il lavoro intermittente ha trovato un’applicazione significativa in settori a domanda discontinua, quali turismo, spettacolo, eventi, logistica e commercio. Tuttavia, la complessità normativa e la necessità di riferimenti certi hanno reso il quadro regolatorio suscettibile di continue interpretazioni, in particolare per quanto riguarda il rinvio normativo al regio decreto n. 2657 del 1923, recentemente abrogato dalla legge n. 56/2025.

Inquadramento normativo: evoluzione storica fino al 2025

La disciplina del lavoro intermittente si inserisce in un percorso evolutivo del diritto del lavoro italiano orientato alla flessibilizzazione e segmentazione delle forme contrattuali.

Anni 2000: La riforma Biagi

Con l’introduzione del D.Lgs. n. 276/2003, si è cercato di modernizzare il mercato del lavoro attraverso nuove tipologie contrattuali, tra cui il lavoro intermittente. Il decreto faceva espresso rinvio alle attività elencate nella tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, che classificava i lavori di carattere discontinuo o di semplice attesa.

Il D.M. 23 ottobre 2004

Il Ministero del Lavoro ha confermato tale impianto normativo con un apposito decreto, che richiamava espressamente le categorie previste dal Regio Decreto. Da quel momento, la tabella del 1923 è divenuta il riferimento normativo materiale per l’identificazione delle prestazioni compatibili con il lavoro intermittente.

Il D.Lgs. n. 81/2015

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 81/2015, il legislatore ha operato una semplificazione organica delle tipologie contrattuali, consolidando il lavoro intermittente all’art. 13 e prevedendo esplicitamente il rinvio ai contratti collettivi o, in mancanza, al decreto ministeriale del 2004.

Abrogazione del regio decreto

La legge n. 56/2025 ha abrogato formalmente il regio decreto n. 2657/1923, sollevando dubbi interpretativi in merito alla validità dei riferimenti operati dal D.M. 23 ottobre 2004 e, conseguentemente, sulla legittimità del ricorso al lavoro intermittente in assenza di contrattazione collettiva.

Il D.Lgs. n. 81/2015 e la regolamentazione vigente

L’art. 13 del D.Lgs. 81/2015 stabilisce i presupposti applicativi del contratto di lavoro intermittente, prevedendo tre ipotesi distinte:

  1. Limiti soggettivi: può essere stipulato con lavoratori di età inferiore ai 24 anni (a condizione che le prestazioni siano rese entro i 25 anni) oppure con lavoratori con più di 55 anni.
  2. Contrattazione collettiva: indipendentemente dall’età, il contratto è possibile se previsto dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali.
  3. Decreto ministeriale: in mancanza di contrattazione collettiva, le attività ammesse sono quelle indicate con decreto del Ministero del Lavoro.

La disposizione assume rilevanza anche per il profilo sanzionatorio: la stipula del contratto al di fuori delle ipotesi previste costituisce violazione della normativa sul lavoro e può comportare la trasformazione del rapporto in contratto a tempo indeterminato.

Il D.M. 23 ottobre 2004 e il rinvio al R.D. n. 2657/1923

Il Decreto Ministeriale 23 ottobre 2004 è un provvedimento secondario che ha operato un rinvio diretto alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923 per l’individuazione delle tipologie di attività compatibili con il lavoro intermittente.

La tabella elenca lavori caratterizzati da:

Tra le categorie indicate figurano, ad esempio, portieri, guardiani notturni, fattorini, uscieri, addetti alla custodia di beni immobili, attività ausiliarie di spettacolo e altri ruoli con caratteristiche di discontinuità intrinseca.

Nonostante la vetustà del riferimento normativo (1923), la prassi operativa e gli orientamenti giurisprudenziali avevano consolidato tale tabella come strumento funzionale alla legittimazione dei contratti intermittenti, in particolare nelle realtà aziendali prive di contrattazione collettiva di riferimento.

La Legge n. 56/2025: contenuto e impatti sull'ordinamento

La legge n. 56 del 2025 ha abrogato formalmente il Regio Decreto n. 2657/1923, nell’ambito di un intervento legislativo volto a depurare l’ordinamento da disposizioni superate e non più applicabili. La ratio dell’abrogazione è da ricondurre a:

Tuttavia, la norma non ha contestualmente riformulato il D.M. 23 ottobre 2004, né ha introdotto un nuovo allegato normativo sostitutivo della tabella originaria. Ciò ha generato una situazione di incertezza interpretativa, da cui sono scaturite numerose richieste di chiarimento, soprattutto da parte degli ispettorati territoriali e delle parti sociali.

Interpretazioni e chiarimenti dell'ispettorato

In risposta a tali criticità, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha pubblicato la nota n. 1180 del 10 luglio 2025, con cui ha chiarito che:

In termini pratici, la Nota INL ribadisce che i datori di lavoro possono continuare ad applicare il contratto intermittente facendo riferimento alla tabella allegata al R.D. del 1923, pur in assenza del decreto originario, trattandosi di un rinvio a contenuti materiali e non a una fonte normativa in senso tecnico.

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