Legge Fornero non applicabile “ratione temporis” alla fattispecie decisa nel vigore della precedente normativa

Pubblicato il 08 dicembre 2012 Con la sentenza n. 21938 depositata il 6 dicembre 2012, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso presentato da una società avverso la decisione con cui i giudici di secondo grado avevano ritenuto illegittimo il licenziamento dalla stessa irrogato nei confronti di un dipendente a cui era stato addebitato di essere venuto meno ai doveri di correttezza e buona fede, dal momento in cui aveva svolto attività di rilevante impegno fisico nel periodo di assenza dal lavoro per malattia.

I giudici di Cassazione hanno aderito alle motivazioni fornite dalla Corte di appello secondo la quale era da escludere, a seguito di un’accurata valutazione del materiale probatorio adeguatamente motivata, che le attività svolte dal lavoratore nel periodo di malattia potessero aver concretamente messo in pericolo il suo equilibrio fisico e, di conseguenza, la capacità di adempiere correttamente alla sua prestazione lavorativa. Presa in considerazione, in particolare, la circostanza che il dipendente era rientrato tempestivamente a lavoro dopo il periodo di malattia.

Nella medesima decisione è stata, altresì, respinta l’istanza formulata dalla ricorrente in merito all’invocata applicazione dello “ius superveniens” rappresentato dalla legge n. 92 del 28/6/2012 ed, in particolare, la sua disposizione modificativa della disciplina delle conseguenze dell’accertata illegittimità del licenziamento. Secondo la Suprema corte, in particolare, tale norma non era da ritenere applicabile “ratione temporis” alla fattispecie esaminata, decisa nel vigore della precedente formulazione dell’articolo 18 della Legge n. 300/70.
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