Legittimo il ravvedimento operoso solo se non sono iniziate le ispezioni del Fisco

Pubblicato il 10 novembre 2010 Con ordinanza n. 22781 del 9 novembre 2010, la Corte di Cassazione ha fornito la propria interpretazione in merito all’articolo 13 del Decreto legislativo n. 472/97 che, secondo la sezione tributaria, “subordina il ravvedimento operoso al fatto che non siano stati iniziati accessi, ispezioni verifiche o altre attività amministrative di accertamento”.
 
Dunque, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria e ribadendo la sua vittoria netta, i giudici Supremi hanno puntualizzato che l’adesione al ravvedimento operoso è consentito da parte del contribuente solo prima delle verifiche e ispezioni messe in atto dal Fisco. Pertanto, il pagamento delle sanzioni e degli interessi per regolarizzare gli omessi o tardivi pagamenti è illegittimo se avvenuto dopo che sono state già avviate le ispezioni da parte del Fisco.

Questa non è l’unica precisazione sul tema. Già nel 2008, la Cassazione con la sentenza n. 20618 si era pronunciata in un caso di omessa dichiarazione, sostenendo che: “in materia di Iva, l'istituto del ravvedimento operoso previsto dall'art. 48 dpr 26 ottobre 1972, n. 633, si riferisce ai casi di dichiarazione lacunosa o irregolare, prevedendo la possibilità per il contribuente di rettificare una dichiarazione già presentata al fine di sanare le omissioni o le irregolarità relative a operazioni imponibili comportanti variazioni in aumento, al fine di ottenere un regime sanzionatorio più favorevole di quello ordinario che si applicherebbe a seguito dell'eventuale accertamento, ma non consente di sanare l'illecito tributario nel caso di omessa dichiarazione”.
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