Licenziamento e rinnovo CCNL: le norme disciplinari non sono retroattive

Pubblicato il 08 maggio 2025

Va esclusa l’applicazione retroattiva delle clausole disciplinari introdotte da un CCNL successivo al licenziamento che preveda una generica retroattività.

La materia sanzionatoria richiede certezza e prevedibilità, e il datore di lavoro deve poter conoscere ex ante il regime applicabile alla condotta contestata.

Licenziamento disciplinare e CCNL: no alla retroattività delle clausole disciplinari

Con l’ordinanza n. 11147 del 28 aprile 2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha fornito utili chiarimenti in tema di regime sanzionatorio applicabile in caso di licenziamento disciplinare ed efficacia nel tempo delle previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), con specifico riferimento alle clausole disciplinari introdotte successivamente alla condotta contestata.

Il caso esaminato  

Nel giudizio in esame, il lavoratore aveva impugnato un licenziamento disciplinare risalente al febbraio 2016, motivato da ingiurie e minacce lievi nei confronti di un superiore gerarchico.

La Corte d'appello, in sede di rinvio dalla Cassazione, aveva ritenuto sussistente la condotta, ma non proporzionata la sanzione espulsiva, disponendo l’applicazione dell’art. 18, comma 5, della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori), ovvero l’indennizzo monetario in luogo della reintegra.

Il ricorso per cassazione: invocata la retroattività del CCNL 2017  

Tra i motivi di ricorso, il lavoratore aveva censurato la sentenza d’appello lamentando un'omessa applicazione dell’art. 55 del CCNL di riferimento (Chimici, Energia e Petrolio del 2017), che, relativamente a ingiurie o minacce lievi, prevedeva una sanzione conservativa.

Ulteriore censura era l'errata esclusione del regime di tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, Statuto dei Lavoratori, applicabile nei casi di condotta disciplinarmente rilevante ma non tale da giustificare il licenziamento.

Il ricorrente sosteneva che, nonostante la stipula del CCNL nel gennaio 2017, le parti sociali avevano espressamente previsto l’efficacia retroattiva dal 1° gennaio 2016, dunque comprensiva anche dei fatti oggetto del procedimento disciplinare.

La decisione della Corte: inapplicabilità retroattiva delle regole disciplinari  

Nel rigettare i motivi di ricorso basati sulla presunta retroattività delle disposizioni del contratto collettivo nazionale di settore, la Corte di Cassazione ha chiarito che le clausole contrattuali che introducono nuove sanzioni disciplinari di tipo conservativo non possono essere applicate retroattivamente a comportamenti e provvedimenti sanzionatori anteriori alla loro entrata in vigore, anche qualora il contratto collettivo preveda una generica efficacia retroattiva.

Nella specie, la disposizione specificamente richiamata - art. 55 del CCNL Chimici, Energia e Petrolio del 25 gennaio 2017 che contempla la possibilità di comminare una sanzione conservativa in caso di ingiurie o minacce lievi - non era in vigore né al momento della condotta contestata (11 febbraio 2016), né al momento del licenziamento (26 febbraio 2016).

Pur essendo indicato all’articolo 66 del medesimo contratto un periodo di efficacia retroattiva decorrente dal 1° gennaio 2016, tale previsione non era sufficiente a giustificare l’applicazione ex post di regole disciplinari non espressamente estese a fatti precedenti.

La materia sanzionatoria - ha evidenziato la Corte - è strettamente connessa al principio di certezza del diritto e presuppone una preventiva e chiara individuazione delle condotte illecite e delle sanzioni ad esse collegate.

Pertanto, non può essere addebitata al datore di lavoro l’illegittimità di un licenziamento disciplinare fondato su un codice disciplinare vigente all’epoca dei fatti, se la nuova disciplina è stata introdotta successivamente, anche se in un contesto contrattuale che prevede, in modo generico, la retroattività.

Occorre infatti garantire al datore di lavoro una conoscibilità ex ante del perimetro sanzionatorio, così da evitare che le proprie decisioni possano essere sindacate sulla base di criteri sopravvenuti.

L’evoluzione normativa: pluralità di tutele e prevedibilità delle sanzioni

Nella sua disamina, la Cassazione ha evidenziato che il sistema sanzionatorio in materia di licenziamenti disciplinari è stato profondamente riformato dalla Legge n. 92/2012, legge che ha introdotto diversi regimi di tutela, superando il modello unico della reintegrazione nel posto di lavoro. Questo nuovo assetto, letto anche alla luce dei successivi interventi normativi, prevede che la tutela reintegratoria attenuata sia applicabile solo nei casi più gravi di illegittimità del licenziamento, ossia quando il fatto contestato è inesistente o quando la condotta rientra tra quelle sanzionabili con misure conservative, secondo quanto previsto dal codice disciplinare applicabile.

Quando il contratto collettivo prevede sanzioni conservative per determinati comportamenti, così, questi non possono essere puniti con il licenziamento.

Il sistema sanzionatorio riformato mira a riservare la reintegrazione solo ai casi più gravi, come quando il fatto non è mai avvenuto oppure era chiaramente previsto dal contratto come non sufficiente a giustificare il licenziamento. In tali situazioni, il datore di lavoro dovrebbe essere in grado di riconoscere in anticipo l’illegittimità del licenziamento.

Del resto, la Corte Costituzionale (sentenza n. 129/2024) ha evidenziato che le regole disciplinari stabilite dai contratti collettivi, frutto dell’accordo tra le parti, permettono al datore di lavoro di sapere in anticipo quanto è grave una certa violazione del lavoratore. In questo modo, il medesimo datore può decidere subito la sanzione più adatta, evitando incertezze e possibili contestazioni future sulla proporzionalità del provvedimento.

Clausole disciplinari CCNL: no ad applicazione retroattiva

Per la Corte, in definitiva:

"il rispetto del principio di certezza del diritto e la finalità perseguita dai legislatori del novellato apparato sanzionatorio avverso i licenziamenti illegittimi, impone, pertanto, di escludere la retroattività delle clausole negoziali del contratto collettivo dedicate al Codice disciplinare in un contesto, come quello in esame, in cui il nuovo contratto collettivo, stipulato in epoca successiva a quella della intimazione del provvedimento espulsivo, si limita genericamente (e quindi senza alcun riferimento esplicito al regime delle sanzioni disciplinari) a far retroagire la propria vigenza ad epoca anteriore a quella dei fatti oggetto del presente giudizio".

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Il lavoratore, licenziato nel 2016 per ingiurie e minacce lievi, ha impugnato il provvedimento sostenendo che la condotta rientrasse tra quelle sanzionabili in via conservativa ai sensi del CCNL 2017, stipulato successivamente ma dichiarato retroattivo.
Questione dibattuta Se le clausole disciplinari introdotte da un CCNL successivo ai fatti contestati possano trovare applicazione ai fini della valutazione di legittimità del licenziamento già irrogato.
Soluzione della Corte di Cassazione La Corte ha escluso l'applicazione retroattiva delle clausole disciplinari del CCNL. Il rispetto del principio di certezza del diritto impone che il datore di lavoro possa conoscere ex ante le regole sanzionatorie vigenti al momento della condotta e del licenziamento.
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