Licenziamento per attività contrastanti l’infortunio, valutare l’incidenza dell’attività sulla guarigione

Pubblicato il 20 settembre 2017

La Cassazione, con sentenza n. 21667 del 19 settembre 2017, nel dichiarare l'illegittimità del licenziamento disciplinare di un dipendente che aveva prestato attività lavorativa durante il periodo di assenza per infortunio, riafferma il consolidato principio secondo cui: “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore” (Cass. n. 17625/2014).

Nel caso di specie il lavoratore con mansioni di conducente di autotreni, durante un periodo di assenza per infortunio sul lavoro, aveva prestato attività presso l’esercizio commerciale del figlio. Svolgendo attività contrastanti con l’infortunio accusato dallo stesso, secondo l'azienda che, tuttavia, non ha indicato in che cosa si sarebbero concretizzate tali attività.

Ma la Corte ritiene che le attività svolte dal lavoratore presso il figlio non fossero, dato lo scarso impegno fisico, indicative di simulazione della malattia diagnosticata dai sanitari dell’INAIL (contusione a spalla e polso destro).

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