Manipolazione del mercato. Elevata sanzione amministrativa senza processo penale

Pubblicato il 05 marzo 2014 La Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza pronunciata il 4 marzo 2014 sulla causa Grande Stevens e altri contro Italia, ha condannato il nostro Paese per violazione del diritto a un equo processo e del diritto a non essere giudicato o punito due volte.

I cinque ricorrenti avevano dedotto, in particolare, che le procedure giudiziarie in cui erano stati coinvolti non erano state eque e non avevano avuto luogo davanti ad un tribunale indipendente e imparziale.

Nei loro confronti, la Consob aveva contestato la commissione di atti di manipolazione del mercato, irrogando elevate sanzioni pecuniarie e l'interdizione.

La Corte di appello, prima, e la Corte di cassazione, poi, avevano confermato queste sanzioni; parallelamente, sulla base di quanto previsto dal Decreto legislativo n. 58/1998, si era aperto anche un procedimento penale nei loro confronti.

Da qui il ricorso a Strasburgo dove i ricorrenti hanno invocato una violazione del principio del ne bis in idem.

Ed i giudici europei hanno accolto le loro doglianze ritenendo che davanti alla Consob e davanti alle giurisdizioni penali fosse stata considerata la stessa condotta - un comunicato stampa emesso dai vertici delle società nel quale non era stato menzionato un progetto di rinegoziazione di un contratto di equity swap - posta in essere dalle medesime persone nella stessa data.

Per la Corte, in virtù del principio del ne bis in idem, uno Stato non può imporre una doppia pena per gli stessi fatti quando, come nella specie, sia stata disposta una sanzione amministrativa di una severità tale da essere equiparabile a una sanzione penale.
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