Mutui in valuta estera? Niente direttiva

Pubblicato il 04 dicembre 2015

Secondo la Corte di giustizia europea – causa C-312/14, sentenza del 3 dicembre 2015 – le operazioni di cambio nell’ambito di mutui in valuta estera non costituiscono servizi di investimento.

Ne discende che la concessione di un mutuo di tal genere non è soggetta alle disposizioni della direttiva relative alla protezione dei consumatori. In merito, tuttavia, l’effettiva verifica va riservata al giudice del rinvio.

Dette conclusioni sono state rese dai giudici europei rispetto ad una domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione degli articoli 4, paragrafo 1, e 19, paragrafi 4, 5 e 9, della direttiva 2004/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.

Le operazioni non realizzano servizi di investimento

Secondo la Corte Ue, le operazioni di cambio realizzate nell’ambito della concessione di un mutuo in valuta estera costituiscono attività puramente accessorie alla concessione e al rimborso del prestito.

Queste operazioni, infatti, rappresentano unicamente modalità di esecuzione delle obbligazioni essenziali del contratto di mutuo.

E poiché il mutuatario mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell’acquisto di un bene o di un servizio e non a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di cambio di una valuta estera, ne consegue che le operazioni di riferimento non hanno lo scopo di realizzare servizi di investimento. 

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