Il mancato superamento del test di operatività non osta al rimborso IVA

Pubblicato il 20 febbraio 2025

La presunzione di non operatività introdotta dall’art. 30 della Legge n. 724/1994 in materia di società di comodo non può determinare il diniego del credito IVA, se non è dimostrato che la società abbia effettivamente posto in essere un comportamento elusivo o abusivo.

Il diritto alla detrazione dell’IVA, infatti, non può essere automaticamente negato sulla base di una presunzione legale fondata su soglie minime di fatturato. Una simile impostazione contravviene alla normativa unionale, che attribuisce il diritto alla detrazione a tutti i soggetti passivi che esercitano un’attività economica, indipendentemente dai volumi d’affari realizzati.

Società di comodo e diritto alla detrazione Iva: la Cassazione alla luce della giurisprudenza europea  

Con le sentenze nn. 4151 e 4157 del 18 febbraio 2025, la Sezione tributaria della Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema delle società di comodo e delle limitazioni al diritto alla detrazione dell’IVA.

Nelle due pronunce, la Suprema ha recepito i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella decisione relativa alla causa C-341/22, con la quale è stata dichiarata l’incompatibilità della normativa italiana sulle società di comodo con la Direttiva IVA.

In discussione, la legittimità dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, che stabilisce il criterio del test di operatività per qualificare una società come "di comodo".

Il principio del test di operatività e le contestazioni fiscali in esame

L’art. 30 della Legge n. 724/1994, nel dettaglio, introduce un meccanismo presuntivo secondo cui una società viene qualificata come "non operativa" se, per tre esercizi consecutivi, non raggiunge una determinata soglia di ricavi, calcolata in base al valore dei suoi attivi patrimoniali. La conseguenza principale di tale qualificazione è la limitazione della possibilità di riportare il credito IVA agli esercizi successivi, con il rischio di perderne definitivamente la disponibilità.

Le due vicende esaminate dalla Cassazione hanno riguardato contribuenti che si sono visti negare il diritto alla detrazione IVA a causa del mancato superamento del test di operatività.

In entrambi i casi, l’Agenzia delle Entrate ha contestato l’inattività delle società e ha negato il rimborso dell’IVA versata a monte, ritenendole meri soggetti interposti senza effettiva operatività economica.

L'intervento della Corte di Giustizia UE e l'incompatibilità della normativa Italiana  

Rispetto alla questione della compatibilità dell’art. 30 della Legge n. 724/1994 con il diritto europeo, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), come anticipato, si è già espressa con sentenza del 7 marzo 2024 nella causa C-341/22, con cui ha affermato che la normativa italiana contrasta con i principi di neutralità e proporzionalità dell’IVA.

Secondo la Corte europea:

Le decisioni della Corte di Cassazione  

Recependo l’orientamento della CGUE, la Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi delle società contribuenti, stabilendo che il diritto alla detrazione IVA non può essere negato sulla base di una presunzione automatica, ma deve essere valutato caso per caso.

In particolare, con la sentenza n. 4151/2025, la Cassazione ha stabilito che la presunzione di non operatività introdotta dall’art. 30 non può determinare il diniego del credito IVA, se non è dimostrato che la società abbia effettivamente posto in essere un comportamento elusivo o abusivo.

Di conseguenza, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva negato il rimborso IVA, è stata cassata con rinvio per un nuovo esame sulla reale operatività della società.

Nel secondo caso, oggetto della sentenza n. 4157/2025, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione della CTR che aveva riconosciuto il diritto alla detrazione IVA della società in liquidazione.

Nella specie, la Cassazione ha ritenuto che la temporanea inattività della società, dovuta a cause oggettive indipendenti dalla volontà imprenditoriale (in questo caso, la pendenza di un contenzioso sulla proprietà di un terreno), non potesse giustificare il diniego del rimborso.

Il mancato superamento del test di operatività non basta per negare il rimborso IVA

In entrambi i casi, la Cassazione ha sottolineato che la perdita del diritto alla detrazione IVA può avvenire solo in presenza di elementi concreti di frode o abuso del diritto, che devono essere provati dall’amministrazione finanziaria.

Le recenti decisioni della Corte di Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in conclusione, hanno profondamente modificato l’interpretazione dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, ridimensionando l’applicazione del test di operatività e tutelando il diritto alla detrazione IVA per le imprese che esercitano un’attività economica effettiva.

Tabella di sintesi delle decisioni

Sintesi del Caso Questione Dibattuta Soluzione della Corte di Cassazione
Una società ha impugnato il diniego di rimborso IVA da parte dell'Agenzia delle Entrate, basato sul mancato superamento del test di operatività previsto dall’art. 30 della Legge n. 724/1994. Se il mancato superamento del test di operatività possa costituire, di per sé, un motivo sufficiente per negare il diritto alla detrazione IVA. La Corte ha stabilito che il diritto alla detrazione IVA non può essere negato sulla base di una presunzione automatica di non operatività, in conformità ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell'UE nella causa C-341/22.
Una società in liquidazione ha contestato il rifiuto dell’Agenzia delle Entrate di concedere il rimborso IVA per l’anno d’imposta 2018, ritenendo che l’inattività fosse dovuta a cause oggettive. Se la temporanea inattività di una società, dovuta a fattori oggettivi indipendenti dalla volontà imprenditoriale, possa giustificare il diniego del rimborso IVA. La Cassazione ha confermato che il test di operatività non può essere applicato rigidamente e che il diniego della detrazione IVA deve basarsi su un'analisi concreta dell’attività economica della società, non su parametri quantitativi fissi.
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