No alla maxisanzione affievolita per i voucher

Pubblicato il 24 settembre 2015

Sembrano ormai sbiaditi i ricordi dei torchi di legno, dei cesti sistemati sotto il pergolato, dei colpi di forbice, delle lame di coltello un po’ arrugginite che staccavano i grappoli dai tralci della vite, dei canti e dei pranzi caserecci dei vendemmiatori.

Oggi, nella tenuta dei Conti Viniferi c’è grande movimento: è stato appena consegnato l’ultimo modello di pigiatrice-diraspatrice a cardano e l’intera produzione è ormai quasi esclusivamente meccanizzata.

Per Tino Alticci non si tratta del primo anno lavorato nella stagione in cui trionfa l’ebbrezza del dio Bacco; da tempo è una sorta di factotum della famiglia di nobili origini, anche se il lavoro manuale va diminuendo costantemente.

Quest’anno tra i pampini e oltretutto senza coppa di vino in mano, compaiono gli ispettori del lavoro, i quali procedono immediatamente a identificare e ad ascoltare i tanti lavoratori presenti. Dalle verifiche emerge che Tino è stato assunto da una settimana tramite voucher, ma che in realtà ha cominciato la sua prestazione ben prima della comunicazione prevista dal Jobs Act (art. 49 comma 3 del D.lgs. D.lgs. n. 81/15).

Per questo periodo in nero lavorato da Tino, gli ispettori del lavoro ritengono di non poter adottare la maxisanzione in misura affievolita (art. 4 comma 3 della L. n. 183/10). Il presupposto operativo di tale disposizione è infatti costituito dalla circostanza per cui la prestazione di lavoro successivamente regolarizzata deve avere la medesima natura e la stessa forma di quella svolta in nero. I suggestivi profumi della vendemmia evaporano definitivamente e lasciano il posto alla spiacevole decisione degli ispettori di lavoro, che applicheranno la maxisanzione in misura integrale.

Magari tra un paio di mesi, con il vino nuovo, lo stato d’animo di Tino e dei Conti Viniferi migliorerà: “Ma per le vie del borgo / dal ribollir de’ tini / va l’aspro odor dei vini /l’anime a rallegrar” (“San Martino”, 1883 – Giosuè Carducci).

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